“Le implicazioni di quasi 6 ore di utilizzo giornaliero dello smartphone e le sue associazioni con il benessere degli adolescenti sono serie”. Questa è la conclusione a cui è arrivata un’indagine scientifica condotta dalla dottoressa Silja Kosola, dei Wellbeing Services County, di Espoo, Länsi-Uudenmaan, in Finlandia e pubblicata sulla rivista Archives of Disease in Childhood. La ricerca è stata condotta in 49 scuole superiori di tre città finlandesi, Helsinki, Espoo, e Vantaa e ha preso in esame 1164 studentesse di 15-16 anni. Ne è venuto fuori che l’uso giornaliero da parte delle adolescenti era pari a 5,8 ore, di cui il tempo medio sui social era di 3,9 ore. Le ragazze prendevano in mano il cellulare in media 145 volte al giorno. Sei ore al giorno sembrano un’eternità, ma è così e non solo in Finlandia.
La testimonianza di una docente sull’uso degli smartphone nelle scuole
La professoressa di storia e filosofia Assunta Lutricuso ha insegnato nell’anno scolastico appena concluso nell’Istituto di Istruzione Superiore Marisa Bellissario di Inzago nel milanese. “Il cellulare per noi docenti è un ostacolo – racconta – perché i ragazzi si distraggono e non ascoltano la lezione. Ufficialmente dovrebbero consegnarlo quando entrano in classe e chiuderlo nell’armadietto. Trovano poi mille stratagemmi per riprenderlo. All’intervallo lo rivogliono e poi, capita che qualcuno non lo riconsegna. Se c’è un’attività di laboratorio dobbiamo spostarci dall’aula e quindi il cellulare viene preso: è dunque una continua battaglia per non farglielo prendere e non sempre riesci”. È umano infatti pensare che qualche professore potrebbe essere stanco e oberato di lavoro tanto da non vincere, qualche volta, questa lotta con gli alunni.
“Il cellulare non va usato – conclude la docente – perché lo studente si distrae ed è molto importante che sia attento. Io, ad esempio, insegno filosofia e bisogna ascoltare la lezione perché non è una materia che si può studiare soltanto esclusivamente dal libro”.
Smarpthone, no anche alle superiori: è legge
È notizia di un paio di giorni fa quella dell’estensione del divieto dell’uso dei cellulari anche alle scuole secondarie superiori e quindi ai ragazzi dai 14 anni in su. “Ormai improcrastinabile – afferma il ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara all’Ansa – alla luce degli effetti negativi, ampiamenti dimostrati dalla ricerca scientifica, che un uso eccessivo o non corretto dello smartphone può produrre sulla salute e il benessere degli adolescenti e sulle loro prestazioni scolastiche”.
Barretta: “È una vera e propria patologia anche se non formalmente riconosciuta”
Proprio sugli effetti che l’uso massiccio degli smartphone può provocare sui ragazzi abbiamo parlato con il dottor Vincenzo Barretta, psichiatra, psicoterapeuta, specialista in Medicina delle Dipendenze, direttore Scientifico del Centro Noesis e presidente dell’Osservatorio Nazionale per la Salute Emotiva e Comportamentale di Napoli. “La condizione di dipendenza da smartphone – sottolinea il dottor Barretta – è una patologia che non è stata ancora formalmente riconosciuta come vero e proprio disturbo psichico perché non ancora inserita in quelli che sono i manuali diagnostici in uso, ovvero il DSM-5 e ICD-10”.

Ma di cosa stiamo parlando è presto detto: “Sono i manuali che contengono le linee guida per poter fare correttamente le diagnosi dei vari disturbi psichici, emotivi e comportamentali. Il DSM-5 è più utilizzato in USA mentre l’ICD-10 in Europa. Nonostante ciò, nella pratica clinica, facciamo riferimento più a quello statunitense”. La dipendenza da smartphone e da internet non compare ancora nei manuali ma “è un’entità clinica che non possiamo rinnegare”, afferma ancora. All’interno del centro Noesis, “spazio d’intervento clinico e di formazione rivolto al disagio psicologico e ai problemi legati alle dipendenze”. Una specificità su cui lo psichiatra partenopeo lavora già da una quindicina d’anni, alla pari delle altre patologie.
Come nasce questa dipendenza? Quali i sintomi?
“La dipendenza da smartphone e da internet è molto simile alle altre varie dipendenze. Esiste infatti il fenomeno della tolleranza: a mano a mano il tempo speso con questi device tende a essere sempre maggiore come succede alle persone che usano sostanze stupefacenti. Se improvvisamente – continua il medico – si sottrae il cellulare o il computer a qualcuno che ha un problema di questo tipo questa persona sta proprio male. Comincia ad avere ansia, agitazione, senso di malessere, presenta dunque dei sintomi simili a quelli dell’astinenza da sostanze”.
“Ci sono dei genitori che ci chiedono aiuto perché vedono che i loro figli sono in difficoltà e non sanno come intervenire. La prima indicazione che diamo è di non togliergli di punto in bianco il cellulare o il pc perché rischiano di scatenare una crisi d’astinenza”. La cronaca ha mostrato la veridicità di questo fenomeno di dipendenza da cellulare: infatti ha fatto notizia il caso raccontato a fine maggio dal prof. Gianluca Rosso dell’ospedale San Luigi di Orbassano nel Torinese di un ragazzo che è stato portato al pronto soccorso due anni fa perché in crisi d’astinenza da cellulare. Ci sono molti casi però, come racconta ancora lo psichiatra napoletano, che non arrivano all’onore delle cronache.

Il consiglio: “Mai eliminare lo smartphone in un’unica soluzione”
“Esattamente come si fa per le droghe – spiega ancora – bisogna fare una sorta di scalaggio. Se io ho una dipendenza, tanto per dire, dalle benzodiazepine, e tu mi obblighi all’improvviso a non assumere più i farmaci io sto malissimo perché ho bisogno di fare un décalage per ridurre piano piano la dipendenza. Una cosa simile si deve fare anche per questi nuovi tipi di dipendenze”.
Nello specifico “abbiamo dei programmi di intervento clinico che sono abbastanza simili a quelli che facciamo per le altre dipendenze ma sono ritagliati in maniera sartoriale sullo specifico problema della persona, molto frequentemente un giovane. Mettiamo in atto delle strategie di psicoterapia individuale e di psicoeducazione ai familiari su come si devono comportare e su cos’è opportuno fare. In alcuni casi si ritiene necessaria anche la somministrazione temporanea di farmaci per ridurre un po’ l’iperattivazione che si è determinata in base all’interruzione dell’uso dei cellulari o alla difficoltà dell’interromperne l’utilizzo.
L’importanza della prevenzione
Se è vero che la prevenzione è la chiave fondamentale di ogni malattia lo è anche per questo tipo di dipendenze. Infatti bisogna imparare a riconoscere precocemente i segnali che possono far presagire la presenza di questi problemi. “Ci sono fattori di rischio non facilmente rilevabili dai genitori – sottolinea Barretta – o dagli insegnanti. C’è spesso una bassa autostima da parte di questi ragazzi e anche una difficoltà nel controllo degli impulsi. Inoltre è presente una notevole pressione sociale: tutti hanno sempre lo smartphone in mano e sono su internet, io come faccio a non farlo? Dovremmo imparare a dare delle regole e delle norme”. Nonostante ciò in medio stat virtus perché “altri fattori di rischio possono essere anche legati al comportamento dei genitori che, se eccessivamente restrittivi o punitivi, possono paradossalmente fare in modo che il problema peggiori o si manifesti in maniera più intensa”.

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Quali sono questi segnali? “Dal punto di vista psicologico, il giovane può soffrire d’ansia, essere irritabile o avere fenomeni di tipo depressivo. Quando non può avere a disposizione subito il cellulare infatti ci può essere un abbassamento dell’umore o scoppi di rabbia fino ad arrivare a quella condizione di nomofobia. Ovvero la fobia di non poter avere con sé il cellulare e consultarlo”. I segnali fisici invece sono rappresentati da “un affaticamento della vista, occhi secchi e stanchi, visione sfocata, mal di testa, problemi al collo e alla cervicale dovuti alla postura scorretta. Questi sono tutti segnali precoci che genitori ed educatori dovrebbero essere in grado di individuare”.
Social: che ruolo hanno nell’insorgere della dipendenza da smartphone?
Abbiamo visto che la maggior parte dei ragazzi e delle ragazze usa costantemente i social con il proprio cellulare, tablet o computer. Secondo lo psichiatra: “La modalità di utilizzo dei social come TikTok, la cui particolarità è la visione veloce di filmati che durano poco, crea la condizione che il cervello si leghi sempre più a questo tipo di attività. Tale attività stimola la secrezione di dopamina da parte di alcune zone del cervello e, più dopamina secerne in quel momento più ci si abitua ad avere quel tipo di stimolazione. Se quest’ultima viene sottratta non si ha più quel tipo di gratificazione, che non è più soltanto di tipo emozionale, ma ha a che fare anche con la neurochimica del cervello.
Quindi sono dipendenze emotive e comportamentali che non vengono prodotte da sostanze stupefacenti ma nonostante ciò il cervello risponde a quel tipo di comportamento modificando dal punto di vista neurochimico anche il proprio di comportamento”. A questo punto si spiega ancor meglio il motivo per cui se i ragazzi non hanno più, da un momento all’altro, accesso al cellulare perdono quel tipo di gratificazione, stanno male e vanno in astinenza. Quella da cellulare e da internet si inserisce tra le nuove dipendenze comportamentali insieme ad altre come quella da sesso e da shopping compulsivo.
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