Sergio Castellitto in una scena di "Romeo è Giulietta" di Giovanni Veronesi
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Il J’accuse di Castellitto: “Il pubblico è cambiato, noi no”

Tra Netflix, premi istituzionali e un figlio diventato regista, Sergio Castellitto racconta senza filtri un cinema che ha smesso di ascoltare.

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“In questo momento nel cinema si parla di tax credit, premi ex aequo. Però poi, da cittadino, penso che stanno uccidendo 40mila bambini a Gaza e sta succedendo quello che sta succedendo nel mondo. E mi dico: di che cosa dobbiamo parlare?”. Sergio Castellitto ha le idee chiare. E lo ha detto chiaramente – durante il recente Filming Italy Sardegna Festival 2025 – concedendosi a questa intervista generosamente. L’amatissimo attore e regista, al timone di film come Non ti muovere e protagonista di pellicole indimenticabili come Le grand bleu di Luc Besson, non ama le mezze misure.

Ha spaziato dall’attualità a fatti più personali, dalla sua esperienza (non proprio serena) come Presidente del Centro Sperimentale di Cinematografia al rapporto con il figlio Pietro, anche lui attore e regista. 

Castellitto sul set di Guy Ritchie, tra mafia e ironia

La prima cosa che ha manifestato è la stanchezza: sta girando la seconda stagione di The Gentlemen, serie diretta da Guy Ritchie, che arriverà su Netflix, in cui è un mafioso sui generis. Catellitto descrive così il personaggio: “È molto colto, con una sua etica. Mi sto divertendo: Ritchie è veramente geniale. Mi piace la sua ironia british. Possiamo dire che anche i mafiosi hanno un’etica: le loro parole d’ordine sono famiglia, onore. Interpreto un cattivo, ma questa definizione è relativa: perché Ritchie gioca con gli stereotipi. Sono abbastanza stanco perché vado e vengo dall’Italia per girare: sono stato a Londra poco fa e adesso vado sul Lago Maggiore”.

L’inizio delle riprese è stato segnato dalla morte di Papa Francesco, con conseguente elezione di Papa Leone XIV. Castellitto è forte del successo di Conclave, film di Edward Berger che ha vinto il premio Oscar alla migliore sceneggiatura non originale e il SAG per il miglior cast. Interpreta il ruolo del terribile cardinal Tedesco, molto conservatore. E riguardo alla pellicola ha un aneddoto gustoso da raccontare: “So per certo che Papa Leone ha visto Conclave un paio di giorni prima di diventare Pontefice. So che molti dei cardinali che hanno partecipato al loro primo conclave hanno voluto vedere il film per capire come funzionava”. 

Sergio Castellitto in una delle scene del film Conclave, candidato agli ultimi Oscar
Sergio Castellitto in una scena di Conclave

Premi ex-aequo: “La De Angelis ha ragione”.

Nei giorni successivi all’assegnazione dei Nastri d’Argento 2025, ha fatto molto discutere la polemica sollevata da Matilda De Angelis sui premi assegnati ex aequo e le candidature condivise da più interpreti. Castellitto, che ha diretto l’attrice in Il materiale emotivo, le dà ragione. “È un’attrice formidabile e una ragazza molto schietta. In linea di principio non le si può dare torto: gli ex aequo possono avere senso in un festival, dove una giuria vede 20 film in 10 giorni e magari si crea una situazione per la quale 2 film vengono amati molto e allora, per non rinunciare a un altro premio, si risolve così”.

Per quanto riguarda i premi istituzionali invece, “che sono i premi più importanti che diamo in Italia, cioè i Nastri d’Argento e i David di Donatello, trovo che lei in qualche misura abbia ragione. Perché intanto difende l’unicità e l’individualità del suo mestiere. Anche perché il concetto di migliore nell’arte è molto vago: migliore si può dire a chi arriva primo sui cento metri. Quindi è sempre un parere”. 

Una possibile soluzione ce l’ha: “Una volta avevo proposto di cambiare la definizione da miglior attore – racconta Sergio Castellitto – ad attore più amato, che mi sembra più corretto. Quindi io suggerirei ai direttori dei premi più importanti di scegliere una soluzione non ecumenica. Noi quest’anno, per Conclave, abbiamo preso il SAG al miglior cast. Siamo saliti sul palco in quattro: Ralph Fiennes, John Lithgow, Isabella Rossellini e il sottoscritto. Ecco forse sarebbe interessante introdurre un premio del genere ai David e ai Nastri, lasciando l’unicità al miglior attore e alla migliore attrice protagonisti e non protagonisti”. 

Sergio Castellitto ai SAG Awards 2025 per il miglior cast, con John Lithgow, Isabella Rossellini e Ralph Fiennes
Da sinistra: Sergio Castellitto, John Lithgow, Isabella Rossellini e Ralph Fiennes

Castellitto: “Il caso villa Pamphili? Una tragedia” con forti responsabilità per la burocrazia del sistema

In questo inizio estate ha tenuto banco, su tutti i giornali, il terribile duplice omicidio di villa Pamphili. Una bambina di sei mesi e sua madre si pensava fossero state uccise da Rexal Ford, sedicente cineasta americano. Il suo vero nome è Francis Kaufmann. Un uomo con precedenti di violenza domestica che, si è scoperto, ha ricevuto una cifra importante, circa 860mila euro, per girare un film che non è mai stato fatto. Questo ha scatenato ulteriormente le polemiche sul tax credit e sul sistema produttivo italiano. “Se non fosse una tragedia – commenta amaro Castellitto – sarebbe una commedia. È veramente inquietante. E lo è anche la sensazione che, se è successo una volta, forse è già successo dieci volte”.

E sicuramente è successo “perché la burocrazia – e ne so qualcosa, perché ho passato un anno infernale al Centro Sperimentale – ha le sue leggi, la sua logica e la sua diabolicità. Quindi se i documenti sono apposto, scatta il meccanismo del finanziamento. Nemmeno lo sceneggiatore più diabolico si potrebbe inventare che uno uccide una bambina e una povera ragazza in quel modo dopo aver ricevuto dallo Stato Italiano più di 800mila euro. Perché 800mila euro si danno a un progetto importante, con un cast di rilievo, magari anche con una distribuzione già in atto”. 

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Opere prime, giovani e una macchina da riformare

Le polemiche sollevate dall’ex ministro Sangiuliano sono state riprese con maggior forza dal ministro Giuli: alla luce di questa somma importante data a un assassino che faceva finta di essere un cineasta, i dubbi sul sistema di assegnazione del tax credit si moltiplicano. Argomento che per Sergio Castellitto non è una novità: “La cosa che mi inquieta è che le opere prime e seconde è molto faticoso farle nel nostro paese. E io credo che il settore pubblico, come vocazione generale, dovrebbe avere quella di promuovere innanzitutto le opere prime e seconde. Poi ci sono, naturalmente, quei dieci progetti di dieci registi importanti che, in automatismo, ricevono i loro finanziamenti.

“Penso che il problema da correggere sia proprio quello delle opere prime, quindi dei giovani: di chi, a 20-22 anni, ha una sceneggiatura sudata sotto l’ascella. Mi sento anche di dire, senza nessuna polemica, che tutti gli attacchi a Sangiuliano, di fronte a un avvenimento del genere, rendono impossibile sostenere che questi fatti avvengano soltanto da due anni. Questi fatti avvengono da venti anni. Io non sono particolarmente amico di nessuno, però il buon senso e l’onestà intellettuale mi fanno dire che il cinema si sta autodistruggendo da solo: non è chi è al governo adesso che vuole distruggerlo”. 

La strumentalizzazione politica non aiuta il cinema

“È un dato di fatto che la sinistra conosca questo mestiere: ovvero la gestione culturale delle cose. E non tanto in termini economici: da 40 anni a questa parte, molti dei più grandi registi, come Ettore Scola, Marco Ferreri, Nanni Moretti sono stati di sinistra. Però bisogna parlare anche di arte da gestire attraverso la burocrazia: che è un ossimoro, me ne rendo conto. Tutto ricade non sulla bellezza, ma sulla capacità di piacere. Perché se un film esce ma nessuno val cinema…”.

È cambiato il pubblico, è cambiato l’assetto: escono dei film che fanno 25 milioni di euro, ma poi ne escono altri 20, tra giugno e agosto, che non incassano. E quindi giustamente i cittadini si fanno delle domande. Quanto sono costati quei 20 film che escono giovedì 8 luglio, per dire? È costato 500mila, un milione, un milione e 2: fai la somma e ti vengono ancora più domande. Un altro punto è che non soltanto è cambiato il pubblico: forse non siamo ancora cambiati noi, che lo facciamo il cinema, rispetto al pubblico”.

Come si fa un film di successo dunque?

Per Sergio Castellitto è un processo intimo. “Quando mi metto a scrivere un film non penso a quello che il pubblico vorrebbe, penso a quello che mi piacerebbe andare a vedere. Penso sia un atteggiamento onesto. Poi ho il massimo rispetto per chi riesce a costruire un film a tavolino: se un film fa tutti quei soldi un motivo c’è sempre. Il pubblico è cambiato. Va probabilmente meno al cinema e va a vedere un progetto cinematografico che gli ricorda in qualche modo il mondo dei social, del gossip, del Grande Fratello, dei talk show”.

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L’esperienza al Centro Sperimentale di Cinematografia

Sergio Castellitto si è dimesso da presidente del CSC a novembre 2024. Un’esperienza che ancora gli fa male: “Non avevo mai sperimentato questo ingranaggio della macchina del fango. Prima al massimo avevo sperimentato un critico che mi diceva che non sono bravo, ma si sopravvive a quello. Invece quel meccanismo è veramente doloroso. Sono stato ingenuo a non capirlo. Mi sono sopravvalutato: ho pensato che le idee fossero più forti della palude. E invece non è così. E Dagospia, e le accuse, e le notizie… La notizia non ha importanza. Ce l’ha però se diventa ricattatoria”.  

Sergio Castellitto e il politicamente corretto

Meglio il politicamente corretto della macchina del fango quindi? Non proprio: “Il politicamente corretto danneggia la vita più che il cinema. Però è anche vero che negli anni ’60 eravamo più buoni. Siamo arrivati a un tale indurimento dei rapporti umani, che già più di 30 anni fa uscì un libro che si chiama La cultura del piagnisteo di Robert Hughes. Io però vengo da una generazione che, naturalmente, rispettava le persone: sono stato educato da una madre, da due sorelle, quindi a me viene normale. Così come mi è venuto normale dire qualche volta stronza a qualcuno, ma senza metterle le mani addosso, ovviamente. In tutte le cose, l’estremizzazione è veramente feroce. Ed è una forma di fascismo”. 

Pietro Castellitto con Benedetta Porcaroli in una scena di Enea, il suo film in cui ha diretto il padre, Sergio Castellitto
Benedetta Porcaroli e Pietro Castellitto in una scena di Enea (2023)

Il rapporto con il figlio Pietro Castellitto

In casa Castellitto ci sono tanti artisti: Margaret Mazzantini è un’affermata scrittrice, mentre Pietro Castellitto è la summa di entrambi i genitori. Attore, sceneggiatore, scrittore, regista. Il padre ha soltanto belle parole per lui: “Ho sempre creduto in lui, anche quando, da adolescente, sembrava buttare un po’ la sua vita. Come fanno tutti i giovani e ho fatto anche io, quando non sai dove mettere le mani. Però ho sempre intuito che avesse un talento, anche se in quel momento era caotico. E per fortuna è rimasto caotico: perché il talento ordinato è sospetto. Adesso però lo riesce a gestire e anche a liberarsi, in qualche misura, di personalità come la mia e quella della madre”.

“È un percorso – continua l’attore e regista – che lui ha fatto. Lo ammiro molto: oltre a essere mio figlio, e quindi ad amarlo, lo ammiro molto. I film come li fa lui io non li saprei fare. È libero. Ed è una libertà che in qualche modo rifiuta un ingreggiamento, rifiuta un mondo in cui apparentemente non comanda nessuno, ma non è così, perché c’è sempre chi comanda. E se sei così in qualche modo la paghi. La paghi con una naturale solitudine. Però se quella solitudine tu la superi, ti porta tanto. Certo pensare che debba passare 40 anni così mi fa dire: ma chi te lo fa fare?! Io l’ho fatta la carriera, quindi sono sereno”.

“Nel cinema? Esiste solo il futuro”

Per questo insisto tanto sull’aiutare i giovani: perché esiste solo il futuro nel cinema. Il presente è relativo. Ricordiamoci che Federico Fellini è morto disoccupato: non gli hanno fatto fare più film. Mi ricordo che feci un film con Gian Maria Volontè: la sua agente pensava al suo prossimo progetto e si sentì dire che prima bisognava immaginare un pubblico che lo andasse a vedere. Gian Maria Volonté!”. 

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Scritto da
Valentina Ariete

Giornalista pubblicista, scrive di cinema e serie tv per Movieplayer e La Stampa. Ha partecipato a programmi tv, radio e podcast. Specializzata in interviste, segue i principali festival di cinema, da Cannes a Venezia. Vincitrice del Premio Domenico Meccoli “Scrivere di Cinema” 2024, mette la stessa passione nel divulgare la settima arte di quando, a 3 anni, fece la sua prima videorecensione: era quella di Biancaneve e i sette nani e gli smartphone ancora non esistevano, signora mia!

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