Referendum 2025. Mai come in questi primi giorni di giugno del 2025, potremmo sostenere che: “Non andare a votare ad un referendum è come non innaffiare la pianta della democrazia”. È bene ricordare infatti che se celebriamo il 2 giugno la Festa della Repubblica, lo dobbiamo proprio ad un referendum istituzionale vinto del 1946. Ma quest’anno gli italiani sono nuovamente chiamati a scrivere la storia del proprio Paese. Come? Attraverso questo strumento di democrazia diretta, in deroga alla democrazia rappresentativa dove i cittadini eleggono rappresentanti che poi prendono le decisioni. In riassunto, il referendum 2025 altro non è che politica attiva, questa la vera motivazione che dovrebbe muovere il cittadino.
Domenica 8 e lunedì 9 giugno, avrà infatti luogo un referendum che vedrà la partecipazione attiva degli italiani alla vita politica della propria nazione. I cittadini che hanno compiuto la maggiore età, saranno così chiamati in prima persona a esprimersi su cinque quesiti abrogativi.
Referendum 2025, il diritto di avere il dovere di votare

I primi quattro riguardano il mondo del lavoro con l’obiettivo di ridurre la precarietà e aumentare la sicurezza. Il quinto referendum, invece, propone di ridurre i tempi per richiedere la cittadinanza italiana. Ma perché la consultazione sia valida, è necessario che partecipi almeno il 50% più uno degli aventi diritto.
Mancano una manciata di giorni e la domanda non è tanto se gli italiani siano favorevoli o contrari ai 5 quesiti, ma se andranno o meno a consegnare il proprio voto alla storia. Tra le rilevazioni più recenti, quella effettuata da Demopolis stima che l’affluenza al momento oscillerebbe fra il 31% e il 39%.
Una percentuale che, se confermata, risulterebbe essere insufficiente per raggiungere il quorum. Qualora si decidesse di votare, ogni quesito avrà una scheda dedicata e sarà possibile anche ritirarne solo alcune rifiutando le altre.
I quesiti nel dettaglio: lavoro e cittadinanza
Il primo quesito del referendum 2025 chiede la fine dei licenziamenti illegittimi con l’abrogazione del contratto a tutele crescenti. Tale domanda riguarda il Jobs Act e propone l’abrogazione della disciplina sui licenziamenti previsti dal contratto a tutele crescenti. Attualmente, nelle imprese con più di 15 dipendenti, un lavoratore licenziato illegittimamente non ha diritto al reintegro. L’abrogazione di questa parte permettere un reintegro dello stesso.
Il secondo quesito riguarda i licenziamenti nelle piccole imprese e relativa indennità. Questa domanda propone l’abrogazione parziale della norma che fissa un tetto massimo di sei mensilità per l’indennità risarcitoria in caso di licenziamento illegittimo nelle piccole imprese. Con l’abrogazione di questo limite, verrebbe permesso al giudice di stabilire un risarcimento più adeguato al danno subito. Anche superiore alle sei mensilità, come già avviene per le imprese più grandi.
Il terzo quesito affronta invece i contratti di lavoro a termine. L’obiettivo è quello di promuovere la stabilità occupazionale, favorendo l’utilizzo del contratto a tempo indeterminato come forma principale e ordinaria di assunzione. Per raggiungere questo scopo, il quesito propone di eliminare le norme attualmente in vigore che consentono di stipulare contratti a termine senza indicare una causale. Ossia senza dover spiegare il motivo per cui non si ricorre a un contratto stabile. Esso mira perciò a contrastare l’uso ingiustificato della precarietà e a incentivare forme di lavoro più sicure e tutelate.

Geppi, Mengoni e il crimine di credere nel voto
Da Geppi Cucciari a Mengoni, fino all’indignazione social: come il diritto di voto è diventato una provocazione, e l’indifferenza una strategia. di Terry Nesti
Infortuni sul lavoro: in bilico la tutela del lavoratore
Il quarto quesito del referendum 2025 tratta la responsabilità in caso di infortuni sul lavoro nei contratti di appalto e subappalto. Attualmente, la legge stabilisce che il committente – cioè chi affida l’opera o il servizio – risponde solo per i rischi generici derivanti dalle interferenze tra le varie attività svolte nel luogo di lavoro. Tale domanda propone così di abrogare l’esclusione di responsabilità per i rischi specifici. Questa modifica mira perciò a rafforzare la tutela dei lavoratori ampliando gli obblighi di vigilanza e responsabilità in capo a chi commissiona lavori o servizi. Anche se questi vengono eseguiti da altre imprese.
Infine, il quinto quesito è incentrato sulle tempistiche per ottenere la cittadinanza italiana. Esso prevede la riduzione da 10 a 5 anni del periodo di residenza legale in Italia richiesto allo straniero extracomunitario maggiorenne per poter presentare domanda di cittadinanza. Questa domanda propone così di abbreviare a cinque anni il tempo minimo di permanenza legale nel Paese necessario per richiedere la cittadinanza italiana.
L’importanza dell’atto democratico di votare
Nella storia repubblicana, in Italia si sono tenute diciotto tornate di referendum abrogativi. In principio, era difficile vedere partiti che invitavano all’astensione, come dimostra, ad esempio, l’affluenza di 87,72% fatta registrare dal referendum per abrogare il divorzio del 1974. La tendenza a far fallire i referendum inizia a prendere forza negli anni Novanta in poi. Nel tempo è diventata una vera e propria prassi per i partiti contrari ad un dato referendum. Invitare all’astensione piuttosto che andare a votare in maniera contraria permette loro di non rischiare di perdere. Infatti, qualora si raggiungesse il numero di votanti richiesto, le preferenze espresse diventano valide.
Di conseguenza la tornata referendaria di domenica 8 e lunedì 9 giugno contempla il voto favorevole o la facoltà di non andare proprio a votare. Ma oltre questi opposti comportamenti elettorali, ce ne possono essere altri intermedi. Uno è presentarsi al seggio ma non ritirare la scheda, risultando quindi in ogni caso non votante, oppure votare ma esprimendo parere contrario ad almeno uno dei 5 quesiti. Questa prima possibilità è stata resa pubblica dal Presidente Giorgia Meloni ed ha ovviamente un significato politico e simbolico. Tale comportamento è una forma di astensionismo attivo, con cui un cittadino dà valore ad uno strumento di democrazia diretta quale il referendum. Ma di fatto intende boicottarne il contenuto.
Cittadinanza italiana, il quesito che influenza il voto
Usufruire della seconda possibilità, ovvero esprimere voto contrario ad uno o più quesiti, è invece l’altro dilemma di questa tornata referendaria. È soprattutto la domanda sulla cittadinanza italiana che di fatto lascia perplessi molti italiani. L’opinione diffusa è che dieci anni siano necessari per imparare la nostra lingua, per riconoscersi nei nostri valori e per integrarsi nella società. Motivo per cui tale punto è stato al centro del dibattito sul referendum 2025, influenzandone l’esito positivo. E questo perché una parte della società italiana, pur di non vedere abbreviati i tempi per l’ottenimento della cittadinanza per gli extracomunitari, preferirebbe far fallire l’intera tornata.

Quel Pride che fa paura: resistenza arcobaleno nel 2025
Dallo Stonewall Inn alla Corte Costituzionale: storia, diritti e battaglie di un’onda che non si ferma. Mentre i Pride attraversano l’Italia, tra attacchi istituzionali e conquiste storiche, la voce della comunità LGBTQI+ torna a farsi sentire più forte che mai. di Federica Massari
I quesiti referendari riguardano dunque temi cruciali, che incidono direttamente sulla vita delle persone e sul futuro del nostro Paese. Lavoro, giustizia sociale e politiche migratorie: decidere su questi temi è un’occasione di responsabilità che non può essere ignorata.
Disertare le urne non è perciò una semplice scelta personale, ma è una vera e propria rinuncia collettiva. Se in molti resteranno a casa, a perdere non sarà solo il significato del referendum 2025, ma una visione di democrazia basata sulla partecipazione. Sul confronto e sulla responsabilità condivisa.Non importa perciò se chi si recherà alle urne non ritirerà le schede o, al contrario, voterà 5 “SI”. La cosa più importante è ricominciare a prender parte in maniera attiva alla vita politica del Paese, facendo sentire la propria voce. Perché la democrazia vive solo grazie alla partecipazione dei cittadini.
Inserisci commento