Una parata del pride a Roma. Foto Luis Cortes per Unsplash
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Quel Pride che fa paura: resistenza arcobaleno nel 2025

Dallo Stonewall Inn alla Corte Costituzionale: storia, diritti e battaglie di un'onda che non si ferma. Mentre i Pride attraversano l’Italia, tra attacchi istituzionali e conquiste storiche, la voce della comunità LGBTQI+ torna a farsi sentire più forte che mai.

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“Say it clear, say it loud. Gay is good, gay is proud” (Dillo chiaramente, e urlalo. Essere gay è giusto, essere gay è motivo d’orgoglio). Il primissimo slogan gridato da un migliaio di persone per le strade di New York il giorno seguente alla ribellione della folla contro il raid della polizia allo Stonewall Inn di New York riecheggia ancora nella memoria dei Pride di tutto il mondo. Era la notte tra il 27 e 28 giugno 1969 e da allora quella che oggi è chiamata Onda Pride non si è mai arrestata. Nonostante i tentativi di fermarla (l’Ungheria di Orban li ha resi illegali ad aprile 2025, ndr). Nonostante chi con ignavia guarda dall’altra parte (il 27 aprile 2025 l’UE ha votato una risoluzione anti-Orban sul tema Pride, l’Italia unico Paese fondatore non presente alla votazione, ndr).

La crociata di Trump contro la comunità LGBTQI+

Sono trascorsi 56 anni dall’inizio di una nuova alba per il mondo LGBTQI+ eppure diritti, anche quelli più elementari, che erano stati acquisiti tornano a essere messi in discussione. Merito del Presidente Donald Trump che, fra le altre assurdità a cui si sta dedicando dopo il suo insediamento, ha preso di mira la comunità arcobaleno. Secondo il tycoon esistono soltanto due generi assegnati alla nascita: maschio o femmina. A fare le spese di tali convinzioni è stato perfino il sito dello Stonewall National Monument che si è adeguato al volere di Trump. La pagina web del monumento nazionale voluto nel 2016 da Barack Obama ha rimosso tutti i riferimenti alle persone transgender. La rimozione è stata decisa dal National Park Service, agenzia federale degli Stati Uniti che gestisce monumenti e parchi nazionali.

Una Pride Parade a Manhattan. (Ph: Malika Sag)
Una Pride Parade a Manhattan. (Ph: Malika Sag)

Questa è stata soltanto una delle ultime mosse della crociata del presidente a stelle e strisce contro la comunità LGBTQI+. A febbraio infatti a essere preso di mira è stato l’esercito USA a causa della volontà di Trump di espellere dai ranghi militari i soldati che avessero presentato o dichiarato disforia di genere. Tra queste campagne di repressione e recriminazione contro le persone transgender c’è anche quella di chi deve richiedere il passaporto o rinnovarlo. I cittadini statunitensi possono dichiarare soltanto il sesso biologico di nascita e non quello a cui si sentono di appartenere.

L’amministrazione Trump ha inoltre chiesto la cancellazione di tutti i Programmi di Diversità, Equità e Inclusione attivi in USA. In questo senso il Dipartimento della Difesa ha individuato 26mila immagini colpevoli, secondo la loro interpretazione, di diffondere temi dell’inclusione e diversità. Una di queste foto è quella dell’aereo militare che sganciò la bomba atomica sul Giappone Enola Gay. Sul sito ufficiale del Pentagono la parola Gay è stata censurata, prima che l’amministrazione si rendesse conto che stava censurando un cognome. In questo caso la colpa è stata di avere nel suo nome proprio la parola “gay” e non di aver provocato uno dei più grandi disastri di sempre.

La prima ribellione arcobaleno e il primo Pride in Italia

Quest’anno le manifestazioni legate all’Onda Pride nel nostro Paese sono partite il 5 aprile da Sanremo. Fu proprio nella città dei fiori che ci fu il primo sussulto tricolore-arcobaleno. Infatti 53 anni fa, il 5 aprile 1972, al teatro del Casinò era stato organizzato dal Centro italiano di sessuologia il Congresso internazionale sulle devianze sessuali. Le parole omosessuale e transessuale non erano nemmeno contemplate e non si pronunciavano in ambienti pubblici. Un orientamento sessuale diverso dalla massa era considerato ancora una malattia, una perversione da combattere.

Ma in quel di Sanremo successe l’inaspettato. Carlo Pezzana, co-fondatore di Fuori! (associazione di liberazione omosessuale creata nel 1971, ndr) insieme a Carlo Sismondi e ad altri attivisti giunti da varie parti d’Europa, pagarono la quota di iscrizione per imbucarsi al congresso come finti psichiatri. Fu allora che presero la parola per non consentire lo svolgimento del congresso mentre una quarantina di persone fuori manifestavano con cartelli e slogan. In Italia il primo Pride ebbe luogo nel 1994 a Roma e da allora l’Onda arcobaleno non si è mai arrestata.

Le lacune made in Italy

Da quel momento, fortunatamente, l’Europa e il Mondo hanno fatto molta strada in avanti. Molti Stati riconoscono il matrimonio omosex, l’adozione e il riconoscimento da parte dei genitori non biologici di figli di coppie arcobaleno. Spesso però l’Italia è additata dall’Europa come fanalino di coda dell’Occidente per quanto riguarda i diritti della comunità LGBTQI+. E come dargli torto? Unioni civili a parte, il nulla. Basti pensare al Ddl Zan e alla sua mancata approvazione che ha creato una lacuna legislativa importante, che alcune regioni hanno colmato con una normativa locale specifica.

Risultati? Pochi. A livello nazionale, è evidente dalle cronache che si continuino a ignorare le botte, i pestaggi, le offese rivolte alle persone soltanto per i loro gusti sessuali e il modo di concepire sé stessi. Argomenti così intimi che dovrebbero, in un Paese civile, riguardare soltanto l’interessato. Cosa ci entra in tasca se un ragazzo va a letto con una ragazza invece che con un altro ragazzo? Cosa vinco, cosa ottengo? Ottime domande. La risposta è una sola: nulla. Nella società del “noi contro voi” è troppo facile far parte del branco e, spesso, nascondersi dietro a uno schermo vomitando parole ignobili contro il prossimo soltanto perché non tifa la mia stessa squadra. Di qualsiasi squadra si tratti.

La bandiera arcobaleno per i diritti Lgbtqia+ esposta a Venezia
Rainbow Pride a Venezia

Diritti delle mamme – e dei papà – arcobaleno

E se le istituzioni nazionali non fanno nulla ma anzi creano ancor di più discriminazione e odio con leggi come la maternità surrogata, diventata reato universale nell’ottobre del 2024, è la Corte Costituzionale che ci ricorda di essere umani. È di pochi giorni fa infatti la notizia dei giudici che bollano come incostituzionale il divieto per la madre intenzionale di riconoscere come proprio il figlio nato in Italia da procreazione medicalmente assistita (pma). Tale divieto viola infatti la Costituzione e non tiene conto soltanto del genitore ma soprattutto del figlio e dei suoi diritti. Come quello a essere “mantenuto, educato, istruito e assistito moralmente dai genitori, nel rispetto delle sue capacità, delle sue inclinazioni naturali e delle sue aspirazioni”.

Il caso di Isabella e Glenda che fa storia

La Consulta, con questa sentenza storica dello scorso 22 maggio, si è espressa sul riconoscimento del secondo figlio di una coppia di Camaiore, Isabella Passaglia e Glenda Giovannardi. Il bimbo non fu riconosciuto perché nato un mese dopo la circolare del ministro dell’Interno Piantedosi. Nella famiglia quindi si era creata una strana incongruenza: la prima figlia era riconosciuta mentre il secondo no. È stato proprio il Tribunale di Lucca a sollevare la questione inviando gli atti alla Consulta. “È stata una lunga battaglia ma ne è valsa la pena. Siamo felici e frastornate, perché non pensavamo che la questione potesse avere così tanta eco e attenzione”, hanno detto le due mamme che sono state protagoniste di un gran passo in avanti della nostra storia.

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Le tappe dell’Onda Pride

Oggi più che mai c’è ancora bisogno di partecipare ai Pride. Dopo la prima tappa di Sanremo del 5 aprile e quella di Crema e Piacenza del 24 maggio Alessandria, Caserta, Enna, Padova e Savona si preparano per un weekend colorato con la parata di sabato 31 maggio. Il 7 giugno l’Onda Pride toccherà altre città italiane tra cui Torino mentre una settimana dopo, il 14, sarà la volta di Roma, Genova e altre. Il 21 giugno ad accogliere la manifestazione saranno Bari e Palermo mentre il 28 la Pride Parade arriverà a Bologna, Milano, Salerno e Sassari.

Inaugurerà luglio con la parata del 5 Napoli che, dopo lo scudetto, accoglierà anche altre tonalità oltre all’azzurro. Si proseguirà per i sabato dello stesso mese in varie zone del Penisola. Ad agosto ci sarà la sola data del 9 a Cammarata – San Giovanni Gemini per finire a settembre con i Pride di Sondrio, Castellammare di Stabia e Arcore. Qui tutte le tappe dell’Onda Pride.

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Scritto da
Federica Massari

Giornalista professionista dal 2013. Mi definisco 'Madriletana', sempre sospesa tra Napoli e Madrid. Scrivo da quando ne ho memoria. Sono dell'idea che "se vale la pena rischiare io mi gioco anche l’ultimo frammento di cuore".

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