A Firenze, certe mattine di giugno sanno ancora trattenere, per qualche ora, il passo dell’estate. La luce cade obliqua sulla pietra, sfiora le vetrine chiuse, fa brillare appena le ringhiere nei palazzi buoni. Ci si muove come dentro una pausa: non ancora caldo, non più primavera. Cammino in direzione della Fortezza da Basso, con quel passo inutile e felice che si concede a chi ha tempo. In attesa di Pitti Immagine Uomo 2025, la 108ª edizione, – Fortezza da Basso, Firenze dal 17 al 20 giugno, qui ancora tace, ma la città già indossa qualcosa di diverso. Mi sento stranamente in sintonia con l’eleganza.
Non ho mai amato il maglioncino blu, né ho mai saputo indossare bene la divisa della praticità. Quando la moda maschile è diventata grigia per non dare fastidio, io ero altrove. Non per posa – non sono tipo da provocazioni sartoriali – ma per naturale inclinazione: mi sono sempre vestito come si prende appunti con una stilografica. Con attenzione, sì. Ma senza fretta.
Quando l’icona assoluta divenne Marchionne
Era il tempo in cui si diceva che contano i contenuti, che l’abito non fa il monaco, che la praticità era la vera eleganza. Si lavorava molto, si dormiva poco, e ci si vestiva come se tutto il resto – gusto, misura, persino bellezza – fosse una distrazione, o peggio: una colpa.

Fu in quegli anni che l’icona assoluta divenne Marchionne, con il suo pullover blu e l’orologio al polso come unico segno visibile di una classe dirigenziale stanca di sembrare tale. Non c’era giorno in cui, entrando in un ufficio, non trovassi almeno tre, quattro uomini vestiti come se la sobrietà fosse diventata una forma di penitenza. Niente più giacche, niente più scarpe buone, solo maglioni, jeans anonimi e giubbotti da “tengo tutto sotto controllo”.Ritorno all’eleganza
Pitti Immagine Uomo: tendenza e ritorno al classico
Quel tempo, ora, sembra avere crepe visibili. Tra le voci nuove della moda, si avverte un bisogno di ritorno all’eleganza non come cerimonia, ma come forma di respiro. Oggi il sole mi accompagna. Indosso un completo Briglia 1949, sabbia chiaro, pantaloni con cordoncino discreto, giacca lasciata appena aperta.
Sotto, una t-shirt liscia, di cotone fitto, che pare uscita da una confezione degli anni Cinquanta. Ai piedi, mocassini morbidi, che sfiorano la pietra senza far rumore. Un soprabito L’Impermeabile, tagliato dritto, senza enfasi. Ci si sente dentro come in una stanza d’albergo ben proporzionata: nessuna sorpresa, nessun disagio. Piazza San Marco è già viva, ma non scomposta. Ogni tanto, un passante mi guarda, non per curiosità, credo, ma per quel rispetto sottile che si ha per chi sembra a proprio agio, anche se fuori moda.

Moda da lavoro: con Coromandel Couture l’accoglienza adesso cambia volto
Ex Gucci e fondatrice di uno dei bistrot più amati di Roma, Katia Minniti oggi veste l’accoglienza: con Coromandel Couture, l’abito torna protagonista. di Chiara Maria Gargioli
Il giorno seguente, la pioggia. Non forte, ma tenace, come sanno esserlo solo certe piogge fiorentine: affettuose e ostinate, come lettere scritte a mano. Indosso un paio di jeans Tramarossa, lavaggio netto, cuciture pulite. Non danno nell’occhio, ma si fanno notare da chi sa guardare. Hanno una linea sobria, elegante, precisa, un certo sentimento meccanico e sensibile, come certe utilitarie ben tenute.
Vestirsi non è altro che una forma di accordo con ciò che si è
Sopra, una giacca Capalbio, tessuto fermo, profumo di armadi antichi. Sta bene con la pioggia, con le panchine vuote, con i libri portati in tasca. E sopra ancora, un capo Kimono Rain: impermeabile di nome e di vocazione. Linee pure, nessuna costrizione. Un silenzio tecnico, più giapponese che italiano, ma perfettamente fiorentino nell’anima: funzionale, sobrio, necessario.

Pitti Immagine Uomo 2025 è alle porte. Ai piedi, sneakers da pioggia, che sanno camminare sull’umido senza perdere eleganza. In Fortezza ci entro col passo di chi non ha nulla da dimostrare. Eppure – o proprio per questo – mi sento visto. Non guardato: riconosciuto. Così, tra un padiglione e una pausa caffè, capisco che vestirsi non è altro che una forma d’accordo con ciò che si è. Una frase ben scritta. L’eleganza un pensiero con la punteggiatura giusta.
E penso – senza amarezza – che l’epoca del maglioncino triste forse non finirà mai del tutto. Ma da qui, da questo angolo di Firenze che sa ancora odorare di carta e stoffa, mi sembra chiaro che qualcosa è tornato. Non l’eleganza dei salotti, ma quella dei portoni aperti la mattina. Degli uomini che, senza proclami, hanno smesso di travestirsi da assenza.
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