Milano, città simbolo del futuro e dell’innovazione, si ritrova scossa da un terremoto giudiziario che ne mette a nudo le fragilità e solleva interrogativi profondi. Sulla gestione urbanistica e sul “sogno verde” che rischia di infrangersi contro la dura realtà delle indagini. Milano, da tempo la metropoli fonte di ispirazione per tante città non solo italiane, tra grattacieli botanici e chat compromettenti, si ritrova a dover ridefinire la propria identità, inciampando però in un “vorticoso circuito di corruzione” che coinvolge nomi eccellenti, tra cui quello del sindaco.
Facciamo un passo indietro di qualche settimana, per inquadrare bene il brutto quarto d’ora che sta affrontando la città della Madonnina. Oltre settanta indagati sono coinvolti nell’ambito di una maxi inchiesta che ipotizza appunto un “vorticoso circuito di corruzione” e un “piano ombra” per la gestione dell’edilizia cittadina.

Il terremoto giudiziario che scuote Milano
Tra i nomi coinvolti figura anche il sindaco Giuseppe Sala, indagato per presunte false dichiarazioni e induzione indebita. Le accuse riguardano in particolare due aspetti: la nomina di Giuseppe Marinoni alla presidenza della Commissione Paesaggio, per la quale Sala avrebbe attestato l’assenza di conflitti d’interesse, e il suo presunto coinvolgimento in pressioni per un parere favorevole condizionato al progetto del “Pirellino“, la cosiddetta “Torre Botanica” dell’architetto Stefano Boeri – anch’egli indagato -.
L’inchiesta, partita da sequestri di cantieri nel novembre 2024 e dall’arresto dell’ex dirigente comunale Giovanni Oggioni a marzo, si è ulteriormente allargata con perquisizioni e l’acquisizione di materiale informatico, che potrebbe portare a ulteriori sviluppi. Sala ha respinto le accuse, definendo “allucinante” apprendere dell’indagine dai giornali e sottolineando la sua estraneità alle dinamiche che gli vengono contestate. La vicenda ha generato forti tensioni in Consiglio Comunale, con richieste di dimissioni e contestazioni da parte del pubblico.

La difesa “Zen” di Boeri: logica ineccepibile?
Questi i fatti nudi e crudi. In vero ancora poco commentabili, perchè ancora in gran parte confinati “al si dice che”. E perché in altra parte racchiusi nel grande confessionale delle indagini all’italiana, sempre troppo affollate di “spifferi”.
Ma certamente a un commento generale da bar dello sport, senza nessuna velleità di analisi, non ci si può sottrarre. Milano è sempre Milano. E a Milano c’è una frase che si sente spesso da qualche tempo, nei bar appunto come sulla metro: “Non è un cantiere, è un concept.”
E in effetti il Pirellino, ex palazzone comunale, concept lo è diventato eccome. Doveva rinascere come Torre Botanica: foglie sui vetri, rampicanti sui balconi, rendering che fanno venire voglia di fare yoga sospesi a trenta metri d’altezza. Un progetto così “green” che ti aspettati di vedere la fata dei boschi alla conferenza stampa.

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Tra “Concept” e “Reality”: la favola della torre botanica
Peccato che, come spesso accade, la favola del bosco verticale versione 3.0 sia finita come un reality di provincia: litigi, messaggi criptici e magistrati alla regia. L’archistar Stefano Boeri – uno che quando disegna un balcone la gente gli dà del genio – scrive al sindaco Sala: “Se insist… rischio rottura e ricorso al Tar… prendilo come warning per domani.” Warning? Cos’è, un grattacielo o un iPhone che sta per esplodere?
Da lì, il caos. La Commissione Paesaggio prima dice no, poi sì – ma condizionato -. E in consiglio comunale partono cartelli “DIMISSIONI!” lanciati come coriandoli al Carnevale di Ivrea, ma senza l’allegria. Sui social piovono meme: la Torre Botanica con scritto “crescere legalmente” e sotto il commento “Green sì, marcio no”. Milano come sempre: tragedia e design che si tengono per mano.
Il bello – insomma – è che Boeri, ora indagato, si difende con un ragionamento zen: “Se fossi davvero il potente che condiziona il Comune, perché non ho fatto approvare il mio progetto?”. Che è un po’ come dire: “Se fossi il boss della mafia, almeno il pizzo lo pagherebbero tutti”. Logica ineccepibile, ma forse poco spendibile in tribunale.
Intanto il sindaco Sala – l’uomo che voleva Milano capitale del futuro – diventa protagonista di una storia noir con titolo già pronto: “L’ombra sotto le foglie”. Perché il vero protagonista qui è il contrasto: il vetro lucido e il muschio Instagrammabile contro le chat che sembrano sceneggiature di Boris: “Te lo dico da amico… warning…”.
Chi possiede la bellezza urbana a Milano? Un test di antropologia applicata
E dietro tutto questo, c’è una domanda semplice: chi possiede la bellezza urbana? Perché il Pirellino non è solo un edificio: è un test di antropologia applicata. Vogliamo città verdi, sostenibili, democratiche. Ma alla fine, i giardini sospesi finiscono nei rendering, i cittadini nei commenti indignati, e i miliardi… da qualche altra parte.
La verità? A Milano il verde è un’ossessione, ma solo se cresce in verticale, con vista skyline e ROI positivo. È la natura, ma con ascensore panoramico. E allora eccoci qui: a ridere per non piangere, davanti a un grattacielo-bonsai che ci ricorda una cosa semplice e fastidiosa: in Italia anche le foglie devono avere un avvocato. Perché infondo, Milano è sempre Milano.
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