Venezia, giugno 2025. Jeff Bezos, l’uomo che ha trasformato la noia della logistica nella più redditizia forma di desiderio, ha deciso di celebrare il suo matrimonio nel luogo più fragile e fotogenico d’Europa. Accanto a lui, Lauren Sánchez, ex giornalista, ora epifania permanente della femminilità performativa post-spaziale.
Dal 24 al 26 giugno la città sarà sigillata, alleggerita di residenti e appesantita di ospiti, non solo parenti, ma entità finanziarie antropomorfe: Oprah, Kim Kardashian, Bill Gates, DiCaprio, probabilmente anche un paio di ex capi di Stato e qualche algoritmo in versione beta.
Un matrimonio che non è a Venezia, ma davanti a Venezia
Il matrimonio avverrà su un palcoscenico galleggiante, tra l’isola di San Giorgio Maggiore e lo yacht Koru, quest’ultimo un bastimento mitologico, che pare progettato da un architetto dislessico dopo una notte a base di succo di kiwi e IPO.

Ma attenzione: nessuno metterà veramente piede a Venezia. Nessuna calle, nessun tramezzino al tonno, nessuna bestemmia a metà tra devozione e metereologia. Solo fondali. La città come green screen perfetto. Come Photoshop barocco. Venezia come apparenza senza attrito.
Nel 1989, Venezia fu teatro del concerto dei Pink Floyd. Non fu gratuito, come i nostalgici radical chic amano dire tra un Americano e un ricordo falso: fu sponsorizzato, televisivo, strutturato, e portò con sé polemiche infinite, danni ambientali, crisi di giunta. Ma fu, almeno, una città attraversata dalla musica, dalle persone, dalla confusione. Non da liste d’ingresso, transenne discrete e agenti in completo Armani scuro.
Allora Venezia fu vibrante, sporca, amplificata. Adesso è silenziata, deodorata, blindata. La differenza è tutto lì: nel rumore di fondo. Prima collettivo, ora selezionato. “Venezia no ghe xe più”, cantavano i Pittura Freska, quando ancora si poteva dire che qualcosa stava finendo. Oggi Venezia non finisce: semplicemente viene estratta. Ogni evento ne risucchia un po’, come una capsula monodose di bellezza. Bezos si sposa a Venezia come si ordina una bottiglia di Château Lafite da bere in jet.
Nessun coinvolgimento, solo design dell’esperienza.
Il menù è riservato. Ma circolano voci su caviale di trota dell’Idaho, erbe alpine importate in elicottero, dolci ispirati alle galassie. Nessuna sarde in saor, nessun risotto di Go. Venezia, come i piatti serviti, viene reinterpretata fino a non riconoscersi più. E intanto, i residenti stanno zitti (anche se non del tutto). Alcuni per decenza, altri perché ormai sono meno di quelli che lavorano ai ricevimenti.

Bezos e Sánchez: il matrimonio extra lusso che divide
Pro e contro delle nozze dell’anno tra il proprietario di Amazon e la giornalista e pilota: l’evento da sogno è destinato a far discutere. di Federica Massari
Bezos-Sánchez: matrimonio o marketing?
Questo non è un matrimonio. È una campagna di rebranding. Bezos non sposa solo una donna: sposa la bellezza europea, l’arte, la storia. Sposa ciò che il capitalismo ha sempre inseguito: l’aura. E Venezia, suprema puttana vestita d’oro, si concede ancora, fingendo di amare ogni sposo. Ma ride. Sotto i ponti, nelle crepe, ride.
E quando gli sposi saranno andati via?
Il matrimonio passerà. L’algoritmo verrà aggiornato. L’anello sarà valutato. Le foto, tra sei mesi, saranno su una rivista che fallirà. Venezia resterà, più vuota, più bella, più stanca.
E un giorno, mentre un barista chiuderà il cassetto con trenta euro di fondo e cinque di mance, forse qualcuno sussurrerà: “Ma ti piace Venezia?”. E l’altro risponderà: “Io Venezia la Odio.”“Perché odi Venezia.” “Perché fa schifo.” “Perché non te ne sei stato a casa tua?”
Inserisci commento