Una scena di The Elephant Man, secondo film di David Lynch e pietra miliare della cinematografia di genere
Home Costume & Società Freaks al cinema: la potenza della diversità sul grande schermo
Costume & Società

Freaks al cinema: la potenza della diversità sul grande schermo

Da The Elephant Man a Freaks Out, passando per Browning, Burton e Bogdanovich: un viaggio nel cinema che ha dato voce ai corpi non conformi e agli eroi fuori norma.

Condividi

Nel 1980 Mel Brooks scommetteva e investiva nel progetto ardito (per tempi e modi) di un regista all’epoca sconosciuto e visionario, alla sua opera seconda. Quel regista si chiamava David Lynch e il film in questione era The Elephant Man. Titolo tornato al cinema nel 2025 all’interno della rassegna The Big Dreamer, curata da Lucky Red in collaborazione con la cineteca di Bologna, volta a omaggiare lungo tutto il corso dell’anno il celebre e compianto regista. 

The Elephant Man: unico racconto della diversità

The Elephant Man, basato sulla storia vera di Joseph Merrick, è divenuto nel tempo pietra miliare nella filmografia lynchiana. Opera tra le più convenzionali del suo excursus artistico, traccia uno spaccato commovente e drammatico nella vita di una di quelle esistenze catalogate sbrigativamente freak, casi umani, fenomeni da baraccone. Uomo elefante dai tratti “deformi” a causa di una grave malattia congenita, il protagonista John Hurt riunisce in sé tutta la sofferenza, ma anche la possibile rinascita di realtà bistrattate per via del loro aspetto non conforme.

Riflessione profonda e accorata sui canoni di normalità e accettazione, ma anche su un sistema che sfrutta il diverso come ostentazione e pubblico ludibrio per trarne un vantaggio economico e personale. Affresco struggente di compassione e simbiotica comprensione umana, riverbero artistico del valore spesso insano che attribuiamo all’immagine. E nella difficile ma necessaria via crucis di riscoperta di sé stesso, e del suo sacrosanto diritto di appartenere al mondo nonché di essere amato, John si fa portavoce della diversità, del senso di esclusione. E della forza mentale ed emotiva necessaria per spingersi oltre le apparenze. Oltre il riflesso di uno specchio che rimanda indietro il profilo crudele di un “non conforme”. 

Freaks: ovvero la diversità secondo il cinema

Un’opera bellissima, definita anche nel parallelismo con la fumosa e dickensiana Londra industriale di fine 800, che vinse la sua sfida e che fruttò a Lynch in – doppi – termini di guadagno e notorietà. Eppure, nonostante i tanti dubbi sulla fattibilità del progetto, l’opera seconda di Lynch non fu il primo (né l’ultimo) film incentrato su personaggi diversi, alternativi, e per questo dotati di una loro esemplare attrattiva.

Una delle scene di Elephant Man di David Lynch, pietra miliare del genere Freaks
The Elephant Man

Un tema che da sempre attrae il cinema, e la sua voglia di indagine all’interno di quei mondi simil-circensi. Mondi che celebrano il difforme, sfruttando tic e anomalie per pura smania di spettacolarizzazione. Nani, donne barbute, gemelli siamesi, ermafroditi, microcefali, geeks, o più in generale esseri dalle sembianze variamente eccentriche. Nel composito e pittoresco mondo dei Freaks rientra tutto ciò che è inconsueto, ignoto, e che dà vita, per questo motivo, a un duplice effetto di attrazione e terrore.  

Ma chi sono i veri mostri?

Nel 1932 l’anticonformista MGM produceva Freaks diretto da Tod Browning. Titolo che aveva fortemente voluto, ma che poi alla prima visione ufficiale venne definito dall’allora dirigente come non adeguato al pubblico di allora. Osservazione pertinente dal momento che si tratta del primo film in assoluto a trattare un tema così eversivo per un pubblico ancora tanto acerbo. Il film tratta la storia di un circense affetto da nanismo di nome Hans, che si invaghisce della ballerina diva Cleopatra, e la sposa, solo per poi scoprire che la donna ha nei suoi confronti solo mire economiche tutt’altro che benevole.

Un ritratto cruento di vite ai margini, bullizzate e derise senza tregua alcuna dal sistema societario. Sistema qui ritratto nella micro-società circense in cui lavorano.

Dragon Trainer il nuovo live Action di Dreamworks

Dragon Trainer: un live action emozionante e perfetto

Il nuovo classico DreamWorks arriva al cinema dal 13 Giugno e promette di emozionare intere generazioni. di Valentina Ariete


Nella solidarietà complice degli emarginati si costruisce però il cosiddetto “Codice dei freaks”, tema portante nonché senso e valore del film, viaggio di graduale ma determinato moto di rivalsa. Un connubio di fame di riscatto e vendetta all’interno del corollario secondo cui l’unione fa (sempre) la forza. E così i piccoli, fragili, apparentemente inadeguati e innocui amici di Hans, capitanati dalla volitiva Frieda, montano la rappresaglia e il ribaltamento di sorte ai danni degli altri umani. Ovvero quelle creature apparentemente normali ma capaci di una mostruosa crudeltà. Esperimento audace e temerario per l’epoca. Freaks del 1932 è il germe creativo su cui poi si struttureranno tutti i film a seguire incentrati sulla stessa tematica. Incluso l’indimenticato capolavoro di David Lynch. 

Dal 1932 a oggi passando per Tim Burton: l’evoluzione dei Freaks al cinema

Nei decenni successivi spesso il cinema è andato a esplorare nuovamente il tema del diverso, anche in termini più estesi, regalando opere di riflessione sociale. Tra queste merita menzione Dietro la maschera del 1985, diretto da Peter Bogdanovich e interpretato da Cher ed Eric Stoltz. Un viaggio drammatico nell’ultimo anno di vita di un sedicenne californiano affetto da leontiasi, una rara malattia degenerativa causa di irreversibili malformazioni al cranio. 

Edward Mani di Forbice, interpretato da Johnny Depp e diretto da Tim Burton è uno dei più famosi esempi di Freaks al cinema
Edward Mani di Forbice

Qualche anno dopo (1990) arrivava nelle sale anche l’incanto struggente di Edward mani di forbice, a opera del regista visionario Tim Burton e con un indimenticabile Johnny Depp. Parabola poetica e commovente di un ragazzo che ha forbici affilate al posto delle mani, condannato di conseguenza all’isolamento, e ostracizzato, per paura e arretratezza, dalla comunità in cui vive. Altro affresco esemplare e senza tempo sul tema dell’emarginazione.

Gabriele Mainetti e la diversità fantastica in lingua italiana

Più di recente (siamo nel 2021), il regista nostrano e re del fantastico Gabriele Mainetti realizza poi una nuova opera che ci precipita ancora una volta nei meandri del mondo dei freak. Un titolo, Freaks Out, dal duplice significato. Da un lato il riferimento alla “perdita di senno” del verbo inglese. Dall’altro quello alla necessità dei Freaks del titolo di (ri)trovare la strada fuori dal tendone del “Circo Mezzapiotta”, distrutto dagli ordigni della guerra. E qui Mainetti eleva i suoi protagonisti strambi, nuovi adepti del Mago di Oz, al ruolo di supereroi per necessità. Chiamati a poetizzare in qualche modo il vincolo d’orrore storico nel quale vivono.

Freaks Out (2021) di Gabriele Mainetti è uno dei più recenti esempi italiani della filmografia a tema
Giorgio Tirabassi, Pietro Castellitto e Aurora Giovinazzo in Freaks Out

Comitiva di circensi rimasti orfani del loro “manager” e mentore ebreo, immersi nella realtà ostile di una Roma assediata dai nazisti. Dovranno reinventarsi pur di non perdere la vita e la loro sorprendente peculiarità, capace – in extremis – di salvare un paese dalla crudeltà e dalla distruzione del conflitto. Matilde – ragazza ‘elettrica’, Fulvio – uomo lupo, Mario – nano calamita, e Cencio – ragazzo degli insetti, dovranno insieme contrastare ed esorcizzare con la loro eccentrica esuberanza il profilo decadente di un periodo storico buio. 

La consacrazione del diverso come eroe

Opera per toni e temi decisamente più contemporanea, Freaks Out offre dunque uno sguardo alternativo e acuto verso la difficoltà (ma anche genialità) di resilienza accordata a chi è da sempre abituato ad allenare il proprio estro. Resilienza che qui si fonde all’arte, al talento, alla magia, per diventare appiglio eroico e salvifico. Diventando necessaria per opporsi a tanti altri freak dell’orrore e della violenza, in primis l’hitleriano e debosciato Franz. Villain del film, incarnazione del delirio più folle, allineato con il pensiero nazista. 

Un’opera che (ri)scrive con sorprendente magia (anche) le pagine di storia del cinema a tema freak. Perché in Freaks out c’è la definitiva consacrazione del diverso quale possibile e potenziale salvatore del mondo. Una mano incantata e venuta dal basso, da chi, relegato sempre nei sobborghi della vita, impegna ogni forza e volontà per riappropriarsi del proprio posto nel mondo. Un posto legittimo nella sua peculiarità. 

Autore

  • Elena Pedoto

    Da avida lettrice ad accanita consumatrice di cinema d’autore il passo è stato breve. Ha trascorso gli ultimi quindici anni a rincorrere a perdifiato film, autori e festival di cinema internazionale, e ha trovato il suo habitat ideale in quel della costa azzurra, nei meandri del Festival di Cannes. Attualmente si divide tra il lavoro di mamma e quello di freelance, cercando ostinatamente di non perdere di vista nessuna delle due “mission”.

Condividi
Scritto da
Elena Pedoto

Da avida lettrice ad accanita consumatrice di cinema d’autore il passo è stato breve. Ha trascorso gli ultimi quindici anni a rincorrere a perdifiato film, autori e festival di cinema internazionale, e ha trovato il suo habitat ideale in quel della costa azzurra, nei meandri del Festival di Cannes. Attualmente si divide tra il lavoro di mamma e quello di freelance, cercando ostinatamente di non perdere di vista nessuna delle due “mission”.

Inserisci commento

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Scopri di Più

Il momento in cui Sinner ha capito di aver vinto la finale di Wimbledon
SpigolatureSport

E finale fu: Sinner finalmente sul trono di Wimbledon 2025

C’erano poche certezze su questa partita. Su una però non c’erano dubbi. Non si sarebbe risolta in 58 minuti come la finale femminile...

Articoli correlati
Sinner durante uno degli ultimi punti che l'hanno portato a vincere il torneo inglese
Costume & Società

Sinner trionfa: Wimbledon come non l’avete mai letto

Una finale sentita, combattuta fino all'ultimo punto. Oltre la vittoria, il nostro...

Il look di Megan Riddle per la semifinale del torneo è il più ispirato - anche se forse non il più chic -
Costume & Società

Wimbledon: outfit al tie-break tra boho-chic e picnic di lusso

I vip al torneo tra fragole, panna e Champagna. E no, non...

Scarpe apparentemente lise, ma costosissime, jeans strappati - ad arte - pochissimo trucco, in apparenza, e l'aria da finti poveri. Essendo ricchi. Questo è il Recession Core fashion style
Costume & Società

Recession Core: la finta povertà è ancora trend nel 2025

Quando la finta povertà diventa status symbol: il paradosso di una generazione.

La coppa del nonno, il gelato al caffè più famoso del mondo, compie 70 anni
Costume & Società

Coppa del Nonno: 70 anni di amore italiano per l’estate

Il gelato al caffè di Motta compie settant'anni: tra gusto e ricordi...

Ok