È incredibile come nei secoli sia cambiata la percezione di cosa possa fare più o meno bene alla salute. Per avere un esempio pratico di come le scoperte in campo medico possano ribaltare le sorti di una sostanza, basti pensare a quello che è accaduto all’Erythroxylum Coca nel trascorrere delle epoche.
Gli Incas già tremila anni prima della nascita di Cristo masticavano foglie di Erythroxylum Coca. Lo scopo era quello di accelerare il battito del cuore e controllare il respiro per contrastare gli effetti dell’aria rarefatta delle altitudini andine.
A proposito dell‘Erythroxylum Coca e di Sigmund Freud
In Europa, quasi duemila anni dopo, viene isolato il principio attivo, – per la prima volta nel 1859 dal chimico tedesco Albert Niemann – ovvero si inizio a lavorare le foglie di Erythroxylum coca anche per ragioni mediche. Da qui inizio a diffondersi nella comunità medica nell’ultimo ventennio dell’800. Fu infatti intorno al 1880 che lo psicoanalista austriaco Sigmund Freud, fruitore della sostanza in prima persona, iniziò a promuovere la cocaina come tonico per curare la depressione e l’impotenza sessuale. Raccolse diverse esperienze fra i suoi pazienti che sfociarono in un articolo che venne pubblicato nel 1884. Titolo dell’articolo “Über Coca” – A proposito della Coca -, promuoveva i “benefici” della cocaina, definendola una “sostanza magica”.
Benefici riconosciuti anche dal blasonato British Medical Journal che, nel 1885, pubblicò numerosi articoli sulle proprietà terapeutiche dell’Erythroxylum coca. In particolare sulle sue indicazioni per la cura delle affezioni polmonari e per la disintossicazione dei morfinomani.
Fra le più blasonate assuntrici di cocaina, che si faceva iniettare dalla sua dama di compagnia, ci fu la principessa Sissi. Impegnata a combattere così il malessere dell’anima che l’attanagliava dal suo arrivo alla Corte di Vienna. Malessere dell’anima che la fece sprofondare nella depressione più cupa dopo la morte del suo unico figlio maschio. Si “curarono” con la cocaina anche l’inventore Thomas Edison e l’attrice Sarah Bernhardt.

Erythroxylum, una fonte d’ispirazione
Si dice che uno dei grandi classici della letteratura moderna, Lo strano caso del dottor Jekyll e Mr. Hyde, sia stato scritto da Robert Louis Stevenson sotto l’effetto della cocaina. A riprova di questa tesi ci sono le tempistiche di stesura: tre giorni e tre notti consecutive. Anche Sir Arthur Conan Doyle non disdegnava la sostanza. Tanto che il secondo romanzo sul detective Sherlock Holmes, Il segno dei quattro, uscito nel 1890, cominciava con il protagonista impegnato a iniettarsi una soluzione di cocaina al sette per cento. In Francia, intanto, Coco Chanel sfruttava gli effetti della cocaina insieme alla sua corte bohemienne e ai suoi innumerevoli amanti, fra cui Salvador Dalì.
Gabriele D’Annunzio, Fiume e la cocaina
In Italia la cocaina fu introdotta nei primi anni del Novecento, fu subito moda in certi ambienti. Nel 1921 Pittigrilli, nom de plume del torinese Dino Segre, scrisse Cocaina. Un romanzo che racconta la storia di un giornalista che si innamora a Parigi di una ballerina e del suo stile di vita dissoluto. Di quel periodo fu anche l’iniziazione di Gabriele D’Annunzio all’uso della sostanza. Infatti, aveva iniziato la sua esperienza con la droga proprio negli anni di Fiume, alla ricerca di nuove stimolazioni artificiali.
Cocaina da bere
Il primo a intuire che la cocaina poteva essere usata per creare una bevanda ricreativa fu il chimico corso Angelo Mariani. Infatti nel 1863, mise le foglie di Erythroxylum coca del Perù a macerare nel vino Bordeaux rosso per dieci ore. Pratica ritenuta all’epoca un eccellente rimedio per il mal di gola e proprio per questo motivo molto apprezzato dai musicisti e dai cantanti d’opera.
Il Vin Mariani veniva prescritto anche come tonico e stimolante. Il successo fu planetario e il vino alla cocaina fu particolarmente apprezzato anche dai papi Leone XIII, Benedetto XV e Pio X. Gli stessi insignirono di tre medaglie d’oro speciali il curioso liquido. E poco dopo, niente di meno, Leone XIII prestò addirittura il suo volto quale “testimone d’alto rango” su manifesti e inserzioni promozionali del prodotto.
Mariani ebbe fra i suoi innumerevoli clienti da tutto il mondo, re e regine, dallo zar di Russia al principe di Galles. Da Sarah Bernhardt a Joseph John Thomson, da Émile Zola a Charles Gounod, passando per H. G. Wells e al presidente statunitense William McKinley.
Coca Cola, in principio French Wine Coca
Ispirandosi a Mariani, nel 1866, nacque negli Stati Uniti la French Wine Coca, ovvero la prima bevanda a base di coca. Poi con l’arrivò del Proibizionismo e i conseguenti divieti relativi all’alcol venne sostituita dalla Coca-Cola, ma questa è un’altra storia.
Nello stesso periodo in cui si sviluppava la French Wine Coca, a Bologna Giovanni Buton creò una ricetta simile. Buton ridusse la quantità di foglie di coca, e, attraverso la distillazione dell’infuso, riuscì a eliminare la tossicità, lasciando nel liquore solo le proprietà aromatiche e naturali.

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Cocaina e liquoristica oggi
Agli inizi del ‘900 la commercializzazione delle foglie di Erythroxylum coca e dei loro derivati fu vietata in Italia e in Francia. Quindi per essere venduta in Europa, la coca venne privata degli alcaloidi psicotropi. Con questa precisa pratica, la coca prosegui non solo ad arricchire alcolici e bevande, ma continuò il suo percorso di diffusione come protagonista di numerosi nuovi prodotti. Un esempio contemporaneo è il nuovo Vin Mariani prodotto nel 2017 ad Ajaccio da un discendente di Angelo. Pochi ingredienti per un risultato particolmente intrigante: foglie di coca boliviane lasciate a macerare per dieci ore nel vino Vermentino della Corsica.

L’unico gin al mondo prodotto con le foglie di coca: Amuerte Gin.
“Mia moglie Eveline e io – ricorda Jeroen Reynders, inventore insieme al cugino Jeffrey Wouters di Amuerte Gin – abbiamo vissuto un’avventura lunga un anno. Abbiamo viaggiato in lungo e in largo per il globo alla ricerca degli ingredienti giusti. Volevamo un un gin in grado di accattivarsi i sensi di tutti i veri amanti di questo distillato“.
“Questo viaggio ci ha portato nelle profondità della vasta foresta pluviale della Colombia, dove abbiamo osservato molte tribù indigene masticare foglie di coca. Durante una cerimonia con la tribù dei Wiwa, ci venne offerta questa antica foglia medicinale e mi resi immediatamente conto che questa foglia amarognola era l’ingrediente che stavamo cercando” continua Jeroen Reynders.
“Comunicai subito la scoperta a Jeffrey. Sicuro che la nostra famiglia, forte di 112 anni di esperienza, e abile come nessun’altra a trasformare i sapori delle foglie in un gin unico, avrebbe tirato fuori il meglio. Anche dalla coca. Abbiamo così ottenuto un’incredibile combinazione equilibrata e vivace di coca. Con note brillanti di tamarillo, papaya e dragon fruit”.
La coca nel distillato più diffuso
Amuerte Gin è prodotto in edizioni limitate – in Italia distribuito da Anthology by Mavolo -, che si differenziano per alcuni ingredienti caratterizzanti e da colori diversi della bottiglia. E proprio quest’ultima è un’altra caratteristica unica di Amuerte Gin. La bottiglia infatti è progettata da due fra i migliori designer sudamericani del settore, Havi Cruz e Adrian Dominguez. Poi il contenitore segue tre passaggi produttivi: verniciatura con il colore speciale dell’edizione, applicazione dell’etichetta e infine applicazione di una foglia d’oro a 24 carati.
L’edizione dell’estate 2025 è l’Amuerte Yellow che vede come protagonista il mamoncillo, un frutto tropicale raro originario dei Caraibi e dell’America Latina. Il frutto è conosciuto anche come “lime spagnolo”. Con la sua dolcezza delicata e il tocco acidulo che ricorda mango e litchi, questo piccolo frutto verde dona al gin una nota fresca, fruttata ed esotica.
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