Dalle stelle alla strada: Luciano Monosilio rilancia il valore della semplicità e la vera cucina romana a portata di tutti. Tour delle tavole autentiche in sei indirizzi oltre a Luciano Cucina Italiana.
Quant’è faticoso essere uno chef che propone una cucina gourmet? Lo è stato certamente per chi ha iniziato una trentina di anni fa, quando l’idea generale di gourmet riconduceva a qualcosa di poco accessibile. Ma attenzione, non tanto in termini economici, quanto piuttosto culturali. La cucina gourmet potevano apprezzarla solo coloro che magari amavano l’arte, i viaggi, la lettura; insomma, gente di buona cultura che – lo sappiamo bene – apre la mente e sa apprezzare il piatto ma anche il lavoro che c’è dietro ciò che arriva in tavola. Ma certo, erano altri anni.
Erano gli anni di Gualtiero Marchesi che, rilasciava interviste col contagocce e abbandonava la sua cucina solo quando era veramente necessario, per preparare il pranzo a qualche capo di stato, per esempio. Ma erano anche gli anni di Aimo Moroni. Il compianto chef che abbiamo salutato proprio lunedì scorso, anche lui schivo e pacato aveva messo a punto una cucina di ricerca che non voleva stupire con gli effetti speciali, ma solo con l’eccellenza di pochi ingredienti ma usati come si deve.
E poi a seguire, la squadra – nazionale s’intende – si è ampliata con nomi di chef che oggi sono volti e nomi familiari non solo per i clienti abituali del “fine dining” ma anche di chi guarda trasmissioni di cucina o d’intrattenimento.
La cucina italiana e il cambiamento sociale
Tutti conosciamo Cracco, Cannavacciuolo, Bottura, Barbieri ma anche i fratelli Alajmo, Niko Romito o Enrico Crippa. La cucina gourmet, o stellata che dir si voglia, ha fatto il salto: è diventata accessibile, nel senso che un pranzo nel ristorante stellato è diventato come il viaggio a NewYork. Tutti possiamo potenzialmente farlo, fosse anche per una sola volta nella vita. Poi magari si torna a casa delusi, ma comunque con la fierezza di poter dire “Io ci sono stato”.
E per tornare a rispondere alla domanda d’inizio, chiamiamo in causa un articolo pubblicato nei giorni scorsi dal sito del Gambero Rosso a firma di Stefano Polacchi, caporedattore del mensile. Si tratta di una bella intervista a Luciano Monosilio, chef/cuoco/imprenditore romano che riporta la verità senza girarci troppo intorno. Dice infatti che nel suo ristorante nel centro di Roma, Luciano Cucina Italiana a Campo de’ Fiori, tornerà alla semplicità e alla normalità, certamente senza scendere a compromessi con la qualità ma deve fare questo passaggio per il suo bene e quello dei suoi dipendenti.
Luciano Monosilio, 42 anni di Albano Laziale (Rm), ha iniziato la sua carriera una ventina di anni fa entrando nella “corte” di Alessandro Pipero che gli mise in mano – giustamente viste le capacità – il piatto signature del ristorante stellato: la carbonara. Dopo questa esperienza, Luciano apre il suo ristorante nel cuore di Roma a Campo de’ Fiori, Luciano Cucina Italiana, ci aggiunge qualche consulenza per catene di hotel luxury e poi – giusto per non restare con le mani in mano… – un anno fa rileva una pizzeria storica di Roma.
Parliamo de Il Maratoneta in zona San Lorenzo, una pizzeria di quartiere che prima dell’arrivo di Luciano stava decadendo ma oggi invece è decisamente rinata grazie al nuovo corso by Monosilio.
La nuova filosofia di Monosilio: “sapori semplici e comprensibili”
Lo chef romano, nell’intervista rilasciata a Polacchi dice di aver scelto di semplificare la proposta del suo ristorante in centro perchè era diventato tutto difficile, macchinoso e impossibile da sostenere sia dal punto di vista economico ma anche fisico e mentale. Un paio di passaggi dell’intervista sono ottimi esempi per comprendere praticamente a cosa si riferisce Monosilio quando parla di “sistema non più sostenibile”.
Lo chef romano racconta che solo di erbette saldava fatture da 900 euro al mese e che per anni ha visto pochissimo sua moglie ed i suoi due bambini – oggi di 6 e 2 anni -. Insomma, decisamente il momento di rivedere un po’ tutto e fa bene Monosilio a cambiare le sue priorità ristabilendo le priorità e riportando la famiglia all’apice.
Ma andiamo al sodo, e parlando di cucina romana autentica, popolare e semplice, vi suggeriamo una manciata di ottimi indirizzi sparsi tra centro e periferia. Luoghi che hanno una filosofia molto semplice: farvi stare bene, senza sfrugugliare troppo nelle vostre tasche.

Augusto a Trastevere
Sta lì dal 1954, da quando il signor Augusto e sua moglie Leda decidono di aprire questa trattoria nel cuore di Trastevere. È un posto autentico senza fronzoli e cornici a partire dal menu che arriva scritto alla bene e meglio su un foglio di carta con quella cosa tanto romana, i piatti della settimana. Quindi il lunedì brodo, il giovedì gnocchi e il venerdì baccalà.
Sempre in carta i primi della tradizione romana, tutti con lo stesso formato di pasta perchè la cucina autentica è anche pratica. Segnaliamo un eccellente pollo alla romana come pure una gustosa pasta e ceci. Da bere, vino della casa in quartino o foglietta. Conto finale: meno di 30 euro a persona. Piazza de’ Renzi, 15
Antica Osteria da Giovanni
Restiamo a Trastevere, a due passi dal fiume e – pensate un po’ – da Regina Coeli – casa circondariale della Capitale -. Qui c’è Antica Osteria da Giovanni, la porticina d’ingresso si apre su una sala minuta dove trovano posto più di 20 coperti che diventano quasi 30 con i tavoli sistemati nell’altra sala attigua alla cucina. Il menu anche qui, si calibra col calendario dei piatti settimanali e allora se capitate di venerdì il baccalà al forno prendetelo ad occhi chiusi.
Per il resto, troverete piatti casalinghi di vera cucina romana, preparati a dovere come l’abbacchio con le patate, le polpette al sugo e, adesso che arrivano i primi freddi, anche i quadrucci in brodo. Nessuna sorpresa al momento di pagare, con 25/28 euro avrete mangiato più che bene. Via della Lungara, 41

Hostaria Dino Express
Dall’altra parte del fiume, nel cuore del borghesissimo quartiere Prati c’è una trattoria che sembra quasi un miraggio, in questa zona di Roma in cui si affastellano insegne che ci provano pure ad essere “pop” ma senza riuscire completamente nell’intento. Se entrate da Dino Express preparatevi a fare un’esperienza abbastanza singolare a partire dall’ordine al quale penserete voi, perchè Dino o sua moglie arrivano al tavolo lasciandovi un taccuino dove accanto al nome del piatto segnerete il numero delle porzioni desiderate.
Anche qui, cucina romana, romanità e semplicità vanno a braccetto: broccoli stufati, polpette fritte, penne col pomodoro e acciughe, saltimbocca alla romana, trippa. Questa trattoria è aperta solo a pranzo, per la cena fa delle eccezioni solo per gruppi di almeno una dozzina di persone. Conto finale? Una ventina di euro per un paio di piatti e un contorno. Via Tacito, 80
Da Emilio
Restiamo nella Roma “bene” e ci spostiamo nel quartiere Parioli dove troviamo la trattoria Da Emilio. Un posto veramente unico, anche grazie alla presenza discreta del signor Emilio che gira tra i tavoli e scambia volentieri due parole con gli ospiti. Anche questa è un’insegna storica a conduzione famigliare, l’osteria nasce nel 1940 e una trentina di anni dopo la rilevano Emilio e sua moglie Italia, lui in sala e la signora in cucina.
Oggi ad occuparsi del servizio c’è il figlio della coppia e in cucina Italia può contare sull’aiuto di una bella squadra. Questa trattoria, anche solo guardando le foto appese alle pareti, racconta un pezzo di storia di Roma, qua per esempio Aldo Fabrizi aveva il suo tavolo e tutti i giorni alle 13 si accomodava per pranzare. Cose semplici allora ed anche oggi, come la stracciatella in brodo, le polpette di carne con le patate, l’ossobuco in bianco con il purè e per chiudere, un creme caramel buonissimo. Conto finale, non oltre i 35 euro a persona. Via Alessandria, 189

Elisi e Unica per l’acqua: la grappa che porta vita
Un viaggio nel cuore del Monferrato, dove la distillazione incontra la solidarietà: dalle grappe Elisi e Unica Water Equal al progetto per portare acqua potabile in Guinea-Bissau. di Gaia Marras
Tram Tram
Ci spostiamo a San Lorenzo ed andiamo da Tram Tram. Nome “onomatopeico” che rimanda al traffico del tram che effettivamente circola, proprio di fronte il locale. A gestire sala e cucina una squadra di donne pazzesche: Fabiola Di Vittorio insieme a sua sorella Antonella e sua madre Rosanna. Il locale è minuto e molto accogliente, Fabiola è una bravissima padrona di casa con una grande competenza enologica: la carta infatti regala chicche di piccole aziende italiane vocate al naturale.
Il menù è singolare, c’è tanta romanità ed anche una bella parte made in Puglia che è la regione di origine della signora Rosanna, quindi avrete da scegliere tra cacio e pepe o riso patate e cozze, ma anche tra alici fritte e purè di fave e cicoria o ancora tra trippa alla romana e orecchiette alle cime di rapa. Il conto è leggermente più alto degli indirizzi precedenti, ma nulla che faccia tremare i polsi: siamo sui 45 euro a persona. Via dei Reti, 44

Trattoria la Rustica
Questo invece è un posto abbastanza defilato, assolutamente fuori dal centro e quindi da raggiungere necessariamente in macchina. Si chiama Trattoria La Rustica e si trova nei pressi del quartiere Magliana esattamente in Borgata Petrelli, luogo e ristorante sconosciuti anche a diversi romani! Conduzione famigliare, in cucina c’è la mamma e in sala i figli con relative mogli.
Anche qui cucina romana autentica. Non si bada all’etichetta, quindi tovaglia di carta come pure i tovaglioli, il menu si legge dalla lavagna che è appesa sulla parete. Se passate di giovedì prendete gli gnocchi di patate col sugo di coda alla vaccinara, il resto della settimana andrete sempre sul sicuro con gricia, ossobuco in umido, spezzatino di vitella alla cacciatora, salsicce e broccoletti… Il conto? Tenete presente che i primi costano massimo 10 euro e i secondi 12 e la somma finale anche per la fame più sostenuta è comunque inferiore a 30 euro a persona. Via Bolgheri, 55
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