Valerio Mastandrea è il protagonista, con Valeria Bruni Tedeschi, di Cinque Secondi di Paolo Virzì. Al cinema dal 30 ottobre, è un lavoro che parla del lato più difficile dell'amore e del destino di un padre
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Cinque secondi per salvare una vita: il ritorno di Virzì

Nel suo nuovo film, Cinque Secondi, Paolo Virzì porta sullo schermo la storia di un padre, Valerio Mastandrea, alle prese con amore, lutti e tutto il peso di una vita da salvare. E una che invece ha già perso. Ottimi i personaggi femminili di Valeria Bruni Tedeschi e della giovane Galatea Bellugi.

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Nel suo nuovo film, Cinque Secondi, Paolo Virzì porta sullo schermo la storia di un padre, Valerio Mastandrea, alle prese con amore, lutti e tutto il peso di una vita da salvare. E una che invece ha già perso. Ottimi i personaggi femminili di Valeria Bruni Tedeschi e della giovane Galatea Bellugi.


Un uomo si rifugia nelle scuderie di un casolare abbandonato nel cuore della Toscana, circondato da estesi terreni e antichi vigneti. Con la speranza di poter affondare nella propria solitudine ed elaborare i propri lutti. Ma viene turbato dalla presenza di un gruppo di ragazzi che hanno occupato abusivamente la tenuta e si son gettati a capofitto a lavorare la vigna. Con il preciso intento di produrre vino e ritrovare un contatto diretto con la terra, sotteso all’idea di collettività.

Inizialmente determinato ad allontanarli, l’uomo troverà poi in questo allegro e in apparenza disordinato gruppo di giovani la scintilla per rielaborare un contatto con la vita, arginare il peso dei traumi e dolori che lo perseguitano. In particolare, sarà la ribelle e vulcanica Matilde di Galatea Bellugi a portare quella ventata di vitalità nella sua esistenza messa a tacere da un destino infausto, che ora lo vede accusato di un serio reato, e a dover rispondere di mancanze gravissime nei confronti della sua stessa prole.

Cinque Secondi per cambiare una vita

A distanza di quindici anni da La prima cosa bella, dopo l’inaridimento umano raccontato con Siccità e il ritorno dei villeggianti con Un altro ferragosto, Paolo Virzì (su sceneggiatura dello stesso Virzì con il fratello Carlo, e Francesco Bruni) torna a parlare d’amore con Cinque Secondi. Ma lo fa in un’accezione ancora più dolente, e malinconica, affondando di nuovo la riflessione nei meandri del complesso sistema della genitorialità e dell’amore in senso lato. E lì dove Valerio Mastandrea era figlio alle prese con una madre esuberante e volubile, qui è un padre che ha sempre navigato “controvento” e che è ora imprigionato nelle maglie strette della propria perdita, acuita dal senso sordo di fallimento.

Galatea Bellugi è Matilde, una contessina che il protagonista Valerio Mastandrea incontra durante il suo buen retiro in toscana. Il loro incontro gli salverà la vita
Galatea Bellugi – Matilde

Partendo dal presupposto di un lutto da elaborare, di colpe e responsabilità da interiorizzare, i Cinque secondi del film (presentato alla Festa del Cinema di Roma nella sezione Grand Public e in uscita il 30 ottobre con Vision Distribution) rappresentano quell’esatto frangente d’esitazione che condannano un padre (un intenso e sempre solido Valerio Mastandrea) a una colpa per la vita. Un uomo che tenta di estraniarsi attraverso la realtà bucolica di un casale immerso nel verde, con una storia antichissima appartenuto un tempo al conte Guelfi, e ora popolato dalla giovane contessina e dai suoi amici, senza mai riuscirvi davvero. Perché il fardello delle responsabilità e dei presunti errori lo insegue ben oltre la linea di una sentenza che lo dichiarerebbe reo di negligenza genitoriale.

Il fallimento del progetto genitoriale

Una colpa che il padre incarnato da Valerio Mastandrea ha già fatto pienamente sua, e che tenta di arginare attraverso quel circolo di compensazione di una vita che va e una vita che viene, una vita che non si è stati in grado di salvare (quella della figlia) e una vita che si cerca invece di tutelare (la contessina). In mezzo ci sono quei cinque secondi decisivi, istantanea di un progetto genitoriale che ha in buona parte fallito, non essendo riuscito a viaggiare in sintonia tra le parti, e a tutelare il suo bene e fine più prezioso. E che ora smania per mantenere il contatto almeno con chi resta.

Nella sua ironia quasi grottesca, malinconia avvolgente, Mastandrea si cala senza remore nei panni di Adriano Sereni, avvocato di grande successo da un lato, padre in profonda pena dall’altro. Alleggerito solo dalla presenza di quei ragazzi presi dal loro obiettivo di fare vino, e dalla vitalità prorompente della facoltosa amica Giuliana, una Valeria Bruni Tedeschi che sdrammatizza grazie a quella sua tempra fieramente svampita condensata in un unicum di saggezza e follia.

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Virzì fotografa una società in trasformazione

Valerio Mastandrea, volto iconico del cinema italiano che a partire dagli anni ’90 ci ha regalato ruoli di grande intensità intagliati in un esistenzialismo malinconico (L’odore della notte, Gli equilibristi, La felicità è un sistema complesso, Figli). Con Cinque Secondi segna ancora una volta il passo di un’interpretazione accorata, che poi culminerà nella sua commovente auto-arringa finale e presa di coscienza. A stemperare il tutto, la cornice bucolica toscana abitata da figli dei fiori moderni a portare quella ventata di freschezza e a chiudere il raccordo narrativo del film con una presenza femminile che dovrebbe in qualche modo compensare ciò che si è perso.

Una chiosa non all’altezza del film

Eppure, nonostante la leggerezza contagiosa di Galatea Bellugi, e quell’allegoria di rinascita a lei legata, l’estrema volatilità di questa sezione del film, in cui precipitano rapsodiche le riflessioni sul patriarcato, sul nuovo femminismo, sulle occupazioni abusive, sul rapporto produttivo con la terra e su una società in pressante trasformazione, tende a togliere drammaturgia alla parte centrale dell’opera. Che è quella più intensa e riuscita, centrata sul senso di genitorialità e sul (nuovo) ruolo paterno. Portando nel film anche il suo vissuto, Paolo Virzì destruttura il mondo degli affetti fino a renderlo minimalista, raccordando nel rapporto padre figlio quel vincolo di necessità a cui un genitore consapevole resta per sempre aggrappato.

Paolo Virzì in un dietro le quinte del film Cinque Secondi

Un pizzico di speranza

Il film chiude sulla luce di speranza di un contatto silente che viene poi ripristinato, seppur nei suoi minimi termini. E nella parabola di redenzione compiuta da Adriano Sereni, nella digressione bucolica e nel laborioso percorso di mea culpa, Virzì si domanda con grande umana fragilità quale sia davvero il ruolo, e il compito ultimo di un genitore. Specchiato nel riflesso malinconico e introverso del suo protagonista, il regista toscano esplora limiti e potenzialità dell’esser padre (ma anche madre), un ruolo di puro equilibrismo stretto tra necessità di rigore e ricerca della migliore possibile serenità. Lontano da quella felicità impalpabile distribuita “nei posti belli, nelle tovaglie di fiandra, nei vini buoni, nelle persone gentili” (La pazza gioia – 2016 ), qui l’amore si fa a un tratto molto più “gravoso”.

Perché Cinque secondi ci riporta di peso alla dolenza della vita, alle ombre imprevedibili del destino, alla necessità di espiazione dei nostri peccati, e al nostro limite umano necessariamente scandito da un susseguirsi inesorabile di tentativi ed errori. E anche nel suo margine di perfettibilità, il film è un sincero e toccante invito a vivere, a combattere per ciò in cui crediamo, e a lasciar andare ciò che non saremo mai in grado di controllare.

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Scritto da
Elena Pedoto

Da avida lettrice ad accanita consumatrice di cinema d’autore il passo è stato breve. Ha trascorso gli ultimi quindici anni a rincorrere a perdifiato film, autori e festival di cinema internazionale, e ha trovato il suo habitat ideale in quel della costa azzurra, nei meandri del Festival di Cannes. Attualmente si divide tra il lavoro di mamma e quello di freelance, cercando ostinatamente di non perdere di vista nessuna delle due “mission”.

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