La nuova modalità “Studia” di ChatGpt sta seducendo gli studenti ma non tutti si fidano. È il futuro dell’apprendimento o stiamo facendo un patto con il diavolo?
Con l’arrivo dell’autunno e la fine dell’estate, con la sua sospensione dalla realtà, tutto torna a scorrere secondo i soliti ritmi. Si torna scuola: per gli studenti sinonimo di malumore, per i genitori di sollievo, per l’economia di un giro d’affari miliardario. Basti pensare che in Europa, secondo i dati OCSE 2024, l’istruzione assorbe in media il 4,9% del PIL.

In questo clima di rientro, OpenAI ha presentato una novità che sembra quasi pensata ad hoc per il “back to school”. La nuova modalità di ChatGPT si chiama “Studia” e vuole trasformare l’intelligenza artificiale in un compagno di studio, non più solo in un fornitore di risposte. È disponibile per chi utilizza i piani Free, Plus, Pro e Team, e a breve arriverà anche su ChatGPT Edu.
L’obiettivo dichiarato è chiaro: l’AI non deve fare i compiti al posto dello studente, ma accompagnarlo in un percorso guidato, stimolando ragionamento critico e autonomia. In altre parole, una sorta di “prof. GPT” che non insegna nozioni preconfezionate, ma aiuta a costruirle passo dopo passo.
Perché introdurre una funzione del genere?
Il motivo è semplice: sempre più ragazzi si affidano a ChatGPT per esami e compiti, rischiando di perdere capacità di analisi e metodo di studio. La nuova modalità nasce proprio per contrastare questa tendenza. Una volta attivata, infatti, il sistema chiede quali siano gli obiettivi, il livello di preparazione e il contesto dello studio. Sulla base di queste informazioni, propone attività personalizzate che assomigliano più a una lezione guidata che a un copia-incolla di soluzioni.

ChatGpt Studia: come funziona, concretamente?
Dal punto di vista pratico, Chatgpt “Studia” funziona con spiegazioni organizzate in blocchi chiari, domande mirate e al posto delle risposte immediate, quiz intermedi per verificare la comprensione e feedback adattati al livello dell’utente. «Gli approcci didattici che OpenAI ha programmato nella modalità Studio, basati in parte sui metodi socratici, sembrano validi» si legge sulla MIT Technology Reviews. Il sistema, insomma, prova a stimolare il ragionamento prima di fornire la soluzione.
Ma non tutti sono convinti. Secondo alcuni esperti, presentare la Study Mode come uno strumento di democratizzazione dell’apprendimento rischia di essere fuorviante. «In realtà, non si tratta di uno strumento progettato esclusivamente per i libri di testo accademici e altri materiali approvati, ma è più simile al vecchio ChatGPT, ottimizzato con un nuovo filtro di conversazione che regola semplicemente il modo in cui risponde agli studenti, incoraggiando meno risposte e più spiegazioni» osserva James O’Donnel sempre sulla MIT Technology Reviews.

Steve: Cillian Murphy arriva adesso su Netflix con una lezione sull’animo umano
Nel nuovo film, il candidato Premio Oscar racconta il lavoro del preside di una scuola per ragazzi difficili. Tra umanità e sconfitte. Di Valentina Ariete
Quali sono i rischi?
Il nodo è questo: studenti che utilizzano esclusivamente ChatGPT per studiare potrebbero abituarsi ad affrontare i problemi in modo scorretto o, peggio, recepire informazioni inventate. Certo, le ripetizioni private restano costose e privilegio di pochi, e strumenti di questo tipo rappresentano un’alternativa più accessibile. Ma i limiti restano. I modelli linguistici sono conversazionali per natura, e non sempre affidabili.
Eppure gli studenti sembrano apprezzare. Molti sostengono che sia «più divertente studiare con un chatbot che ti incoraggia continuamente piuttosto che fissare per la centesima volta un libro di testo». Ed è qui che si apre uno scenario interessante: se la modalità dovesse diventare indispensabile per milioni di ragazzi, quanto tempo passerà prima che da gratuita diventi a pagamento? È solo un’ipotesi, ma la logica del mercato non lascia spazio a molte illusioni. Parafrasando Humphret Bogart: è il mercato bellezza.
Inserisci commento