La maggior parte di A House of Dynamite di Kathrin Bigelow è ambientato nelle stanze del potere, con un focus sull'impotenza degli esseri umani in scenari di guerra
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A House of Dynamite: Kathryn Bigelow rivela l’impotenza umana

L’atteso grande ritorno di Kathryn Bigelow, che ogni volta lascia il segno: con questo thriller serratissimo ci dice che ormai abbiamo fallito come specie. A House of Dynamite è in sala dall'8 ottobre.

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L’atteso grande ritorno di Kathryn Bigelow, che ogni volta lascia il segno: con questo thriller serratissimo ci dice che ormai abbiamo fallito come specie. A House of Dynamite è in sala dall’8 ottobre.


Prima dell’11 settembre gli Stati Uniti non erano mai stati attaccati su suolo americano. Essere aggrediti in casa è qualcosa di sconvolgente per loro. Kathryn Bigelow, insieme allo sceneggiatore Noah Oppenheim, con A House of Dynamite mette in scena il più grande incubo USA: un missile viene lanciato contro di loro, con la minaccia di radere al suolo un’intera città. Peccato che una mossa del genere sarebbe un colpo mortale anche per tutto il resto del mondo. Avendo il controllo del più alto numero di armi nucleari insieme alla Russia (i paesi insieme possiedono l’87% delle 12mila testate esistenti) ed essendo gli unici che, fino a oggi, abbiano avuto il coraggio di usarle (quest’anno sono gli 80 anni di Hiroshima e Nagasaki), la possibilità che non esiterebbero a scatenare una Terza Guerra Mondiale, questa volta però nucleare, è altissima. 

A House of Dynamite racconta di una decisione di guerra dalle conseguenze catastrofiche.
(Foto: Cr. Eros Hoagland/Netflix © 2025)

Raccontando i 19 minuti che corrono dal lancio alla risoluzione finale, Bigelow ci mostra le reazioni delle persone che si trovano dentro le stanze del potere, dal Pentagono alla Casa Bianca, cambiando ogni volta il punto di vista. Il quadro che ne emerge è, oltre a un thriller serratissimo che tiene incollati alla poltrona per tutta la sua durata, di totale impotenza: anche chi prende decisioni per noi è un essere umano. E proprio per questo è fallibile, emotivo, irrazionale. Pensiamo di avere il controllo sulle nostre vite, ma in realtà l’esistenza di tutti è governata da una serie di elementi totalmente indipendenti da noi. L’unica cosa che possiamo fare è sperare che, nel momento decisivo, nella stanza dei bottoni ci sia la persona giusta. 

Kathryn Bigelow e il fallimento dell’umanità

In sala dall’8 ottobre e su Netflix dal 24 ottobre, A House of Dynamite è il grande ritorno di Kathryn Bigelow, che si è fatta attendere a lungo: il suo ultimo film è infatti Detroit, uscito nel 2017, ben 8 anni fa. Come con ogni altro suo film, anche stavolta lascia il segno. E non soltanto perché regia, montaggio e sceneggiatura sono perfetti, come un vero e proprio meccanismo a orologeria pronto a esplodere. Ha colto davvero lo spirito del tempo: Bigelow ci dice che, in quanto specie, abbiamo fallito. E ormai è troppo tardi: il fantasma di una guerra nucleare è sempre più tangibile. La scelta sarà tra resa e suicidio, come dice uno dei personaggi. Dobbiamo quindi tenerlo ben presente in mentre quando andiamo a scegliere chi ci governa. 

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È incredibile come questo film parli con tutti gli altri titoli più belli visti a Venezia 82, da Bugonia di Yorgos Lanthimos, a No Other Choice di Park Chan-wook, fino a The Voice of Hind Rajab di Kaouther ben Hania, con cui è in dialogo diretto. Ognuno racconta della nostra inesorabile corsa verso l’autodistruzione. Con il film di ben Hania, Bigelow ha poi in comune davvero molto: sono entrambi girati in spazi chiusi, con protagonisti che parlano costantemente al telefono e guardano uno schermo. In quelle stanze si prendono decisioni di vita o di morte. Solo che nel film americano il punto di vista è quello di chi decide cose che andranno a danneggiare moltissimi altri, mentre in quello sulla bambina palestinese vediamo invece le conseguenze di quelle decisioni prese da altri, a cui si cerca disperatamente di porre rimedio. 

La frustrazione dell’impotenza

Quello di A House of Dynamite è un cast corale straordinario. I moltissimi personaggi messi in campo sono interpretati da fuoriclasse: da Idris Elba, che ha il ruolo del Presidente USA, a Rebecca Ferguson, Jared Harris, Tracy Letts, Gabriel Basso, Anthony Ramos, Moses Ingram, Jonah Hauer-King, Greta Lee, Jason Clarke. Sono tutti bravissimi. E tutti, oltre a dover esprimere un grado elevatissimo di preoccupazione, ansia e necessità di prendere decisioni in fretta, sono accomunati da un senso di impotenza che fa mancare il respiro anche a noi che li guardiamo.

Idris Elba è il Presidente degli Stati Uniti in A House of Kathryn Bigelow
Idris Elba è il Presidente degli Stati Uniti (Foto: Cr: Eros Hoagland © 2025 Netflix)

Prendere una decisione impossibile è qualcosa che non possiamo immaginare davvero, a meno che di non trovarci in prima persona in quel momento. Ed è proprio qui l’avvertimento di Bigelow: l’unica speranza che abbiamo è non arrivarci mai. Speriamo che chi deve ascoltare guardi il film. 

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Scritto da
Valentina Ariete

Giornalista pubblicista, scrive di cinema e serie tv per Movieplayer e La Stampa. Ha partecipato a programmi tv, radio e podcast. Specializzata in interviste, segue i principali festival di cinema, da Cannes a Venezia. Vincitrice del Premio Domenico Meccoli “Scrivere di Cinema” 2024, mette la stessa passione nel divulgare la settima arte di quando, a 3 anni, fece la sua prima videorecensione: era quella di Biancaneve e i sette nani e gli smartphone ancora non esistevano, signora mia!

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