Gli ultranovantenni che ancora continuano a sognare e realizzare nuovi sogni e progetti
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Ultranovantenni e il segreto di lunga vita: continuare a sognare

Dai set di Hollywood alle note della musica, dalle architetture visionarie alle missioni spaziali: un viaggio tra le vite straordinarie di ultracentenari che continuano a ispirare e a realizzare nuovi progetti, sfidando il tempo.

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Non si è mai troppo vecchi per fissare un nuovo obiettivo o per sognare un nuovo sogno, sosteneva C.S. Lewis, il padre de Le Cronache di Narnia. E, volendo prendere a esempio alcune persone che nei rispettivi campi hanno fatto la storia, non si può che essere d’accordo. La scienza un giorno forse saprà spiegarci perché alcuni a 40 anni girano con un kit di pronto soccorso in borsa, sognando la pensione, mentre tanti ultranovantenni inseguono nuovi progetti buttandosi a capofitto nel lavoro.

Aspettando che l’elisir di vera giovinezza diventi accessibile, non si può che guardare con ammirazione, e una sana e profonda invidia, alla vita di alcuni personaggi che, nonostante l’età, sembrano non abbiano intenzione di appendere le scarpette al chiodo.

Gli ultranovantenni che ancora continuano a sognare e realizzare nuovi sogni e progetti
Clint Eastwood – Getty

Il regista che non smette di dirigere il tempo: Clint Eastwood

Tra gli attori, un posto speciale in questa Top 10 degli ultranovantenni è occupato da Clint Eastwood che l’anno scorso ha diretto e co-prodotto il film Giurato Numero 2. Il biografo delle star Shawn Levy, nel suo libro Clint: The Man and The Movies, ha raccontato, tra le altre cose, anche il segreto della longevità dell’attore Premio Oscar. Eastwood si è reso conto dell’importanza di una vita sana ed equilibrata quando è morto suo padre a soli 64 anni a causa di una malattia cardiovascolare.

Il “duro dagli occhi di ghiaccio” ha deciso quindi di intraprendere un percorso di meditazione trascendentale: dagli anni ’70 segue tale pratica due volte al giorno, anche quando lavora, tra un ciak e l’altro. Questo tipo di meditazione prevede la ripetizione per venti minuti di un mantra o di un suono. Molti studi scientifici suffragano queste tecniche che portano miglioramenti in termini di benessere psicologico e al sistema cardiovascolare.

Clint Eastwood, decisamente ultranovantenne, pratica anche sport a basso impatto come il golf e si concede lunghe passeggiate a passo lento. Per quanto riguarda l’alimentazione, segue la regola del 90/10, ovvero per il 90% mangia in maniera equilibrata frutta, molta verdura e proteine come pollo e salmone e, per il restante 10%, alimenti che si dovrebbero evitare. Insomma, uno stile di vita da prendere a esempio visto che il regista statunitense, nato il 31 maggio del 1930, è ancora molto attivo sul lavoro nonostante l’età.

Gli ultranovantenni che ancora continuano a sognare e realizzare nuovi sogni e progetti
Dick Van Dyke – web

Il sorriso eterno di Hollywood: Dick Van Dyke

E se Eastwood ci insegna che la longevità passa dalla disciplina, un altro inossidabile personaggio dimostra che il tempo può essere sconfitto anche con la leggerezza e il sorriso: Dick Van Dyke. L’indimenticabile spazzacamino Bert di Mary Poppins il 13 dicembre prossimo taglierà il traguardo di un secolo. Oltre ultranovantenne!

A proposito del film della Disney e del suo sequel, Emily Blunt di recente ha raccontato un aneddoto proprio sull’attore 99enne. Nel 2018, quando è uscito Il ritorno di Mary Poppins, Dick ha interpretato il signor Dawes Jr, figlio del banchiere del primo film Mr. Dawes Sr. Nel 1964 – data di uscita del primo Mary Poppins – quest’ultimo personaggio aveva il volto proprio dello stesso attore che aveva un doppio ruolo nella pellicola di Robert Stevenson.

L’attrice, britannica naturalizzata statunitense, qualche giorno fa ha dichiarato: “Non dimenticherò mai Dick Van Dyke che saltava sulla scrivania facendo tip tap. E Rob Marshall aveva detto che Lin-Manuel Miranda e io avremmo dovuto aiutarlo a salire. Doveva salire sulla sedia e poi sulla scrivania, e noi eravamo lì per aiutarlo. Ma lui letteralmente ci spinse via le mani e si arrampicò da solo. Fece piangere tutti. Perfino Colin Firth, che si rifiuta sempre di mostrare emozioni, scoppiò a piangere guardandolo. Fu semplicemente incredibile”.

È proprio il caso di dire una tempra di altri tempi. L’ultimo film uscito nelle sale con Dick Van Dyke è stato proprio questo, ma l’attore ultranovantenne è ancora attivo anche in TV. Infatti, nel 2023 è stato tra i protagonisti della soap opera Il tempo della nostra vita nei panni di Tim Robicheaux.

I personaggi oltre i novant'anni che ancora continuano a sognare e realizzare nuovi sogni e progetti
Robert Duvall – getty

L’attore che ha dato il volto all’America: Robert Duvall

Dal sorriso contagioso di Van Dyke alla forza drammatica di Robert Duvall, il passo è breve: se il primo incarna la leggerezza, il secondo è sinonimo di intensità e profondità attoriale. L’attore de Il Padrino e Apocalypse Now rientra in questa Top 10 degli ultranovantenni di diritto, visto che per l’esattezza compirà 95 anni il 5 gennaio 2026, ma non potevamo lasciarlo fuori per pochi mesi. È considerato senza ombra di dubbio uno tra i migliori attori statunitensi di tutti i tempi con un Oscar vinto per la sua interpretazione in Tender Mercies – Un tenero ringraziamento.

Ha ricevuto inoltre sei candidature per i due film succitati e per Il grande Santini, L’apostolo, A Civil Action e The Judge. Appassionato anche di cucina, è stato proprietario del ristorante The Rail Stop a The Plains in Virginia, e tra i suoi interessi figura anche il brazilian jiu-jitsu. Tra i ruoli che lo hanno consacrato per sempre tra i migliori interpreti della settima arte c’è quello del colonnello Bill Kilgore in Apocalypse Now, al 59° posto tra i cento più grandi personaggi cinematografici di tutti i tempi secondo la rivista Premiere.

La voce che ha fatto cantare generazioni: Teddy Reno

Dal cinema alla musica, il filo conduttore è sempre la stessa resilienza: Ferruccio Merk Ricordi, in arte Teddy Reno, spegnerà 100 candeline – da ultranovantenne a ultracentenario – il prossimo 11 luglio, e oltre a essere un grandissimo cantante e produttore discografico, può vantare nella sua carriera di aver recitato in Totò, Peppino e la Malafemmina, il film che incassò di più tra tutti i 96 girati dal Principe. Lui, triestino, si chiese perché Antonio De Curtis volesse proprio lui per recitare in una pellicola in napoletano quando c’erano tanti come Giacomo Rondinella, Sergio Bruni, Aurelio Fierro tra cui scegliere.

“Totò vuole proprio te”. E così annullò i concerti che aveva a Pittsburg e a New York e tornò a Roma. “Incontrai Totò e mi disse di non preoccuparmi, mi avrebbe dato lezioni di lingua napoletana. ‘Non è un dialetto, ma una lingua’, mi disse. Decidemmo così che sarei andato a casa sua a Roma, dove viveva con Franca Faldini, per studiare la lingua”.

Così racconta Teddy Reno in un’intervista pubblicata su Il Dubbio in cui spiega anche come ha iniziato a cantare in lingua partenopea. “La prima cosa che (Totò, ndr) mi scrisse su un foglietto fu “aggio perduto ‘o suonno” e io da buon triestino la cantai alla lettera, con tutte le consonanti e le vocali. Totò mi fermò e mi disse: “Noi napoletani siamo pigri, sfumiamo… quindi non diciamo suonno, ma suonn”. Capì al volo la lezione.Dopo una quindicina di giorni di studio il Principe mi disse che ero pronto per il film”.

Il matrimonio con Rita Pavone

Il marito di Rita Pavone ha poi descritto anche come ha imparato a cantare la canzone a cui Totò teneva più di tutte: “E poi c’era Malafemmena alla quale Totò teneva moltissimo. La sera prima della scena nella quale avrei dovuto cantarla mi insegnò, strofa per strofa, sia la dizione sia la mimica e alla fine fu molto soddisfatto di come l’avevo interpretata”. Come ammette lui stesso, Teddy Reno all’estero è considerato un cantante napoletano soltanto grazie al Principe napoletano e a canzoni come Statte vicino a ‘mme, Aggio perduto o suonno, Chella llà, Accarezzame, Na’ voce, na’ chitarra e ‘o poco ‘e luna.

Teddy Reno e Rita Pavone sono sposati da 57 anni e il loro amore è saldo come non mai. Il cantante sfidò la famiglia della persona amata per starle vicino: “Ferruccio – ha raccontato Rita Pavone a Oggi lo scorso marzo – venne a chiedermi in sposa e il mio babbo lo buttò giù dalle scale. Si fratturò il gomito. Io, per lui, ruppi con papà, che era stato il mio primo manager, e non venne neppure al matrimonio. Mamma mi rimase vicina”.

Da circa tre anni Teddy Reno è affetto da una forma lieve di Alzheimer, tanto che sempre sua moglie ha detto: “A volte è un po’ confuso. Quando esco mi raccomanda di andare piano. E io gli rispondo “Non guido’”.

Gli ultranovantenni che ancora continuano a sognare e realizzare nuovi sogni e progetti
Mel Brooks, attore ultranovantenne ancora sulle scene

Il genio comico ultranovantenne di Mel Brooks

Un altro inarrestabile regista, sceneggiatore, comico, compositore, produttore cinematografico, teatrale, televisivo e attore di 99 anni, colui che per più di tutti “Si può fare!” è Mel Brooks. Il papà di Frankenstein Junior – da cui è tratta la citazione – è ancora nel bel mezzo della sua carriera cinematografica. Infatti, continua a dirigere e prendere parte a film come il sequel di Balle Spaziali che uscirà nel 2027.

L’attore ultracentenario riprenderà i panni del Presidente Scrocco e di Yogurt nella pellicola fantascientifica parodia di Guerre Stellari e altre del genere come Il pianeta delle scimmie, Star Trek e Alien. Nella Walk of Fame di Hollywood il regista di straordinaria longevità incanta i visitatori e lascerà di stucco i posteri con un’impronta della mano sinistra con sei dita. Un piccolo effetto speciale di un personaggio ironico che lascia sempre il segno. Nel 2024 gli è stato conferito l’Oscar alla carriera, statuetta vinta anche nel 1969 come Miglior sceneggiatura originale con il film Per favore, non toccate le vecchiette.

La diva che ha sfidato Hitchcock e la longevità: Tippi Hedren

Eppure, non tutte le leggende hanno vissuto carriere fatte solo di applausi. Lo ricorda Tippi Hedren, scoperta da Alfred Hitchcock ma costretta a combattere anche le ombre del Maestro della Suspense. L’attrice ha dato il via a una dinastia di star: sua figlia è Melanie Griffith e sua nipote Dakota Johnson. Deve l’inizio della sua carriera al genio inglese, tuttavia quest’ultimo non le diede vita facile. Infatti, mentre giravano il film Marnie, lei si accorse di un comportamento poco consono e all’epoca “più tollerato” di adesso.

Infatti, come racconta la stessa interprete di Uccelli in un’intervista di Paolo Zelati di maggio 2012: “Una volta iniziate le riprese, ho cominciato a notare come lui mi guardasse fisso, mi seguiva con lo sguardo ovunque e, dopo un po’, la cosa divenne un pochino inquietante. C’è da dire, però, che al tempo non ero più una ragazzina; avevo vissuto a New York, nel campo della moda, e avendone viste di tutti i colori, avevo imparato a gestire persone e situazioni al meglio”.

E così feci con Hitch […] Tentava di controllare ogni aspetto della mia vita…e la parola chiave, bada bene, è “tentava”; infatti non ci è mai riuscito. Ma a quel punto volevo uscire dalla schiavitù di quel contratto…si trattava del contratto standard che mi legava a lui ed alla casa di produzione per sette anni…avremmo dovuto lavorare insieme ancora tanto, troppo…e non me la sentivo più”.

La battaglia di Tippi Hedren contro Hitchcock

A quel punto disse al cineasta di non voler recitare nel film Mary Rose e di tutta risposta lui le disse che doveva pensare ai genitori anziani e alla figlia da mantenere. Al suo ennesimo rifiuto il regista tuonò: “Guarda che ti rovino la carriera”. “E l’ha fatto – ha proseguito Tippi Hedren -. Ha continuato a pagarmi 600 dollari alla settimana per quasi due anni, durante i quali non ho potuto recitare. Il fatto è che dopo aver fatto Gli Uccelli e Marnie ero un’attrice, per usare un’espressione hollywoodiana, “hot”, tutti mi volevano ma il contratto mi impediva di essere a disposizione…fu una cosa veramente cattiva”.

Ma dopo quella che lei ha chiamato la sua “liberazione” fu chiamata da Charlie Chaplin per interpretare una parte in La contessa di Hong Kong. Nonostante il non proprio edificante comportamento di Alfred Hitchcock, l’attrice ha dichiarato: “È stato bellissimo poter lavorare con i due più grandi geni inglesi dell’industria del cinema e credo proprio che io sia stata l’unica attrice ad aver avuto questa opportunità”. A 95 anni Tippi Hedren ha ancora il fuoco che scorre nelle vene.

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June Squibb – Web

La rivelazione tardiva che illumina Hollywood: June Squibb

La stessa energia di chi non si arrende mai la ritroviamo in June Squibb, che il 6 novembre compirà 96 anni. Anche lei ultranovantenne senza nessuna intenzione di uscire di scena, visto che ultimamente è stata Eleanor Morgenstein in Eleanor the Great, opera seconda del 2025 di Scarlett Johansson. L’anno prima l’abbiamo vista in Thelma, una commedia d’azione in cui interpreta una vedova 93enne, protagonista di una truffa telefonica. La frizzante attrice è anche un’affermata doppiatrice, infatti negli ultimi anni ha prestato la voce ai personaggi di Inside Out 2 e Cattivissimo Me 4. Nel 2013 il film Nebraska di Alexander Payn le ha regalato una nomination agli Oscar.

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L’imprenditore ultranovantenne che vuole cambiare il Mondo: George Soros

Dal cinema all’attivismo, il filo della longevità passa a George Soros, miliardario ungherese nato il 12 agosto 1930. È tra gli uomini più ricchi al mondo e bersaglio di alcune teorie del complotto, particolarmente da esponenti dei partiti di destra – lui è un sostenitore del Partito Democratico statunitense -. Attivista, che ha donato centinaia di milioni di dollari a molte ONG, è uno dei sopravvissuti all’Olocausto e può vantare di aver avuto tra i suoi insegnanti il celebre filosofo Karl Popper.

Tramite svariate operazioni commerciali ha creato il fondo Soros Fund Management con cui ha accumulato un capitale personale di 25 miliardi di dollari. Gran parte dei suoi milioni li ha spesi per finanziare i movimenti democratici nei Paesi del blocco comunista. Inoltre, con l’Open Society Foundation, la sua attività filantropica si è diffusa in tutto il mondo. Sono iniziate in questo periodo le teorie del complotto da parte di esponenti di destra e ultradestra. Quest’ultime considerano George Soros un “grande burattinaio” che vuole stabilire un nuovo ordine mondiale e limitare la libertà dei cittadini.

Di lui ha parlato anche la premier Giorgia Meloni il 9 gennaio 2025, nella consueta conferenza stampa di inizio anno, così come scrive Sky Tg24: “Musk non è la prima persona facoltosa che esprime opinioni. Il problema è quando queste persone usano le risorse per finanziare in mezzo mondo partiti e associazioni per condizionare le politiche, come fa George Soros. Questa sì la considero una pericolosa ingerenza”.

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il Museo Guggenheim disegnato da Frank Gehry – Guggenheim

L’architetto che continua a disegnare il futuro: Frank Gehry

Se Soros ha costruito reti invisibili di influenza, Frank Gehry – Toronto, 28 febbraio 1929 – ha edificato monumenti visibili e straordinari. L’architettura ultranovantenne del canadese, naturalizzato statunitense, merita un posto in questa Top 10 della longevità perché è un apripista della corrente decostruttivista e ha costruito opere di immenso splendore. Il favoloso Museo Guggenheim di Bilbao porta la sua firma e lo ha consacrato al pubblico internazionale. È la principale attrazione della provincia basca che deve a lui un luogo di cultura e arte per eccellenza.

È il frutto di un meticoloso lavoro basato su precisi calcoli matematici e scelta dei materiali. La forma del museo è quella di un’enorme nave, in omaggio alla ricca storia di città portuale di Bilbao, mentre dall’alto la prospettiva regalata è quella di un fiore. È senza dubbio uno dei capolavori mondiali dell’architettura moderna. Tra le altre magnifiche opere di Gehry ci sono: il Walt Disney Concert Hall a Los Angeles, sede della Los Angeles Philharmonic Orchestra; il Jay Pritzker Pavilion a Chicago; il New World Center a Miami; il Biomuseo di Panama; la Fondazione Louis Vuitton di Parigi.

László Krasznahorkai ha vinto il Premio Nobel per la Letteratura 2025. L’Accademia ha scelto di premiarlo per «il suo sguardo artistico completamente libero da illusioni e capace di vedere attraverso la fragilità dell’ordine sociale, unito alla sua incrollabile fiducia nel potere dell’arte».

Nobel 2025 a László Krasznahorkai, scrittore della catastrofe

L’Accademia svedese ha deciso di premiare lo scrittore e sceneggiatore ungherese László Krasznahorkai «per la sua opera avvincente e visionaria che, nel mezzo del terrore apocalittico, riafferma il potere dell’arte». di Lorenzo Villa


L’astronauta ultranovantenne che continua a guardare le stelle: Buzz Aldrin

E infine Buzz Aldrin, l’uomo che ha portato i suoi passi sulla Luna. Nato il 20 gennaio 1930, è l’unico a essere ancora vivo dell’equipaggio dell’Apollo 11, la missione del 20 luglio 1969 quando a mettere il primo piede sulla Luna fu Neil Armstrong. L’astronauta, salito per secondo sul satellite della Terra, ha lasciato la NASA nel 1971 e ha fondato un think tank chiamato Human SpaceFlight Institute. Ha scritto nove libri e si è sposato due anni fa, per la quarta volta, con Anca Faur, di trent’anni più giovane, vicepresidente esecutivo di Buzz Aldrin Ventures. A 86 anni è stata la persona più in là con gli anni a visitare il Polo Sud.

In fondo, il filo che lega gli ultranovantenni da Clint Eastwood a Buzz Aldrin passando per gli altri personaggi è lo stesso: la capacità di resistere al tempo trasformandolo in alleato. Ognuno a modo suo – con la disciplina, la leggerezza, la voce, l’ironia, la resilienza, la creatività, la filantropia o l’audacia – ha dimostrato che l’età non è un limite, ma una conquista. Non un traguardo da temere, ma un orizzonte da attraversare con la consapevolezza di lasciare un segno. E se c’è una lezione che questi ultracentenari ci regalano è semplice e universale: la vita non si misura in anni, ma in ciò che si continua a costruire, raccontare e sognare.

Come diceva Luciano De Crescenzo in 32 Dicembre: “Il guaio è che gli uomini studiano come allungare la vita, quando invece bisognerebbe allargarla”.

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Scritto da
Federica Massari

Giornalista professionista dal 2013. Mi definisco 'Madriletana', sempre sospesa tra Napoli e Madrid. Scrivo da quando ne ho memoria. Sono dell'idea che "se vale la pena rischiare io mi gioco anche l’ultimo frammento di cuore".

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